C'è un momento
nella vita di un uomo in cui trema il ferro in mano. A me è successo vent’anni
fa davanti a un panzone, ma era la prima volta che sparavo a qualcosa di
vivo. A causa del mio tremore quello si beccò uno spioncino al fegato
piuttosto che al cuore e agonizzò ululando peggio di un maiale al macello.
Mai avrei immaginato che dopo tanti anni la maledetta mano sarebbe tremata
di nuovo. Indeciso strizzo ancora l’occhio per guardare nel mirino e la
rivedo: una bambina di due anni che sgambetta allegra sul prato. Sono sul
tetto del palazzo a duecento metri dalla villa del Presidente, un uomo che è
più dentro la malavita di un uccello nel culo di una checca. Ha assoldato
persone come me per uccidere chiunque si piazzasse sulla sua strada verso la
presidenza, ha sborsato milioni per farsi eleggere, traffica stupefacenti e
bambini in Sud America e tanti altri intrallazzi sono seppelliti sotto
montagne di omertà.
Il poveraccio che mi ha ingaggiato è un sentimentale che chiede vendetta per
l’omicidio della moglie, la quale voleva svelare alcune magagne alla
polizia. La donna aveva lavorato come segretaria del Presidente per dodici
anni e quando si è decisa a parlare l’hanno rapita, violentata e smembrata
in una segheria. Con gli occhi rossi il vedovo mi ha messo il manico di una
valigetta piena di soldi in una mano e la foto di questa bambina nell’altra.
Ce la posso fare, ho pensato. E ora dopo giorni di appostamenti, sono qui a
sudare freddo...
-Non ti crucciare, amico!- sibilò una voce in quel
silenzio tremolante d’afa estiva. Il cecchino si girò e vide qualcosa che lo
fece rizzare in piedi e immobilizzare con un’espressione ebete. Scalciando
nell’aria, maestoso come solo un affiliato di Satana o un pennuto di Dio può
essere, la creatura si appollaiò sul cornicione della terrazza mettendo in
piena luce la sua inumana figura. Aveva lunghe corna d’avorio, occhi neri e
lucidi d’ematite, le narici taurine si dilatavano a ogni espirazione. La sua
pelle era porrosa come quella di un anfibio, le gambe erano quelle irsute di
un caprone.
-Mi presento, sono Elow- disse facendosi avanti. Elmett non indietreggiò di
un passo, ma si stava cagando addosso. Elow era a dieci centimetri da lui,
quando s’arrestò e prese a girargli intorno. All’improvviso scoppiò in una
fragorosa risata: - Ma che mammoletta sei! Non uccidi bambini tu?- Disse
leggendogli nel profondo.
-Cosa vuoi mostro?- urlò verso la bestia il cecchino piccato, in un impeto
di rabbia per l’onore offeso che scacciò la paura.
–Io?! Nulla amico mio. Solo porre fine ai tuoi dilemmi!- E con un sol
sguardo, senza dargli possibilità di replicare, l’incenerì sul posto.
-E pensare che eravamo colleghi Elmett! In fondo, sono stato evocato
dall’Inferno da un umano per lo stesso motivo che ti ha portato qui oggi! Ma
tu, smidollato, non saresti riuscito nell’intento... Ci vediamo dall’altra
parte!- disse Elow al Soffio che si liberava dall’involucro ardente. Poi
spiccò il volo verso la villa del politico.