I due si osservarono bene l’un l’altra inviandosi reciprocamente lunghe occhiate di tensione e diffidenza. Lei, altezzosa restava immobile davanti al maschio, lui continuava a trafiggerla con lo sguardo attendendo il momento decisivo. Intorno ai due amanti spaziava il nulla nel verde oscuro della grottesca natura. Arieggiava qualche sottilissimo filo di vento freddo. Era inverno, ma sembrava mezzogiorno di fuoco in un film di far west. Lei mosse un primo passo verso il futuro padre dei suoi cuccioli, mentre l’incanto borioso s’affievolì in quei pochi attimi gelidi e per un istante chinò la testa sulle foglie smorte a terra; quasi come se volesse invitare l’amore in quell’ambiente, come se ella fosse la padrona di quel territorio e volesse accogliere il suo più esperto spasimante. La loro alcova era quella, semplice e glaciale, un unico vasto manto di foglie stese a terra. I maliziosi sguardi fecero avanzare il corteggiatore che nulla aspettava se non entrare nell’affilato abbraccio della sua femmina, mentre intorno la melodia nostalgica del silenzio incorniciava i lunghi baleni lusinghieri. Non passò poi molto tempo prima che lui si avventasse sul petto dell’amata in frenetiche pratiche sessuali, incominciate dolcemente da carezze e gentili approcci verso di lei. La femmina dunque, abbracciò con le sue lunghe e affusolate braccia il busto dell’amante che pian piano incominciò a vezzeggiare i fianchi snelli, sfiorare il candido volto dagli occhi grandi e larghi che non smisero mai di spiarlo. Piano passò le mani sul petto ricurvo della femmina, sfiorandola dal collo sino a raggiungere le parti più intime della creatura.
Tutto consisteva in un atto di reciproca complicità, tutto sarebbe dovuto compiersi sotto il bluastro cielo d’inverno ma al contempo quell’amore furtivo si sarebbe dovuto concludere tra il silenzio dei boschi e il favoreggiamento delle altre creature che popolano le foreste. Infatti bastò poco... raggiunto l’orgasmo l’impavida femmina, ora certa di poter nutrire i piccoli, bruscamente addentò la testa del maschio virile sotto la morsa della mascella affilata, tranciando nel frattempo altre parti del corpo dell’insetto verde ancora vivo. Quando poi ella decise di porre nettamente fine a qual rapporto, linciò la testa dell’amante strappando tendini e muscoli per poi masticarla in una poltiglia di gelatinoso liquido acerbo. Dopo aver ingerito tutto il corpo del suo compagno si guardò attorno tra le frasche buie della natura; mentre lenti, flebili raggi filtravano dalle altissime cime alberate, ella s’accomodò imperturbabile a terra.
Questo è il macabro gioco della mantide...