Adele entrò in
cucina con un sorriso luminoso rovinato dalla nera voragine lasciata
dall’incisivo da latte.
“Mamma, papi, la fatina ha messo i soldini sotto il cuscino!”
Teneva in mano una banconota da cento euro. Guardai il volto cinereo di mia
moglie. Stava combattendo contro una rara forma di tumore al colon; le
serviva un’operazione in una clinica svizzera, ma non avevamo abbastanza
quattrini. Avevo perso il lavoro mesi prima. Ricambiò la mia occhiata con un
sorriso malato.
“Non guardare me... sei stato tu?”
“Sì” risposi. Non era vero.
Un mese dopo mia figlia perse un premolare e la scena si ripeté. Duecento euro. Mia moglie era all’ospedale per la chemio. Quell’infame terapia le stava dando alla testa? Dovevo stare all’erta. Ero ancora senza lavoro.
Avvenne il giorno in cui Adele perse il canino. Quella
notte aspettai che tutti dormissero, poi mi infilai nella cameretta. Adele
russava piano. Sprofondai nella poltrona e mi appisolai.
Fui svegliato da un rumore indicibile. Qualcosa stava entrando nella stanza.
Non era mia moglie, come mi aspettavo. Era una massa nera, oscena, simile a
quei lumaconi che galleggiano nei fossati di Idrasca quando piove. Vorrei
non averla mai vista.
Strisciò verso il letto, silenziosa, puzzolente, assurda. Il suo dorso
flaccido brillava dell’avorio di migliaia di dentini. Allungò un’appendice
violacea sotto il cuscino e la sentii poppare.
Poi mi guardò. Non aveva occhi, ma mi guardò. La sua forma ricordava
vagamente un colon.
Fuggii in camera, m’infilai nel letto e abbracciai mia moglie. Era
magrissima. Piansi per ore, terrorizzato, finché sorse un’alba grigiastra.
La mattina, sotto il cuscino, trovammo quattrocento euro.
Non posso aspettare che i dentini cadano. Ci servono i
soldi per l’operazione, subito, e quella mostruosità paga bene. Adele un
giorno capirà.
Cristo, spero solo che le tenaglie non le facciano troppo male.