La puzza di
morto non ti molla più.
Basta un attimo, un secondo. Ti entra dentro e non se ne va via più. Sembra di avere una
mano putrida che ti prende alla gola e ti stringe ogni giorno di più.
Lo sapeva bene Mario Salti.
Si guardava allo specchio tutte le mattine e ci pensava, si riempiva di deodorante, apriva
tutte le finestre del suo appartamento, ma niente. La morte era lì e lui la sentiva.
Aveva provato anche a berci su pesante, ma la nausea che provava non aveva intenzione di
andarsene.
Mario era nellesercito nel 1988 e aveva venti anni.
Lo avevano spedito in Yugoslavia ,in mezzo ad un cazzo di bosco con una decina di ragazzi
come lui. Aveva paura. Dovevano solo controllare che in quella zona non vi fossero
insediati militari del Kosovo.
Camminarono per una notte intera, stanchi e incazzati arrivarono alle porte di un piccolo
villaggio sperduto tra gli alberi. Una decina di capanne in croce, puzza di bestie e fango
sotto i piedi.
Alcune donne uscirono dalle loro abitazioni, i loro volti nascosti nelloscurità.
Mario e i suoi compagni avevano sete. Erano stanchi e terrorizzati dagli scheletri di
legno e foglie che li circondavano opprimenti.
Tra gli altri militari cera Stefano Bannielli.
Il classico coglione esaltato, uno che si credeva Rambo, che assomigliava a Rambo, solo
più squilibrato.
Mario non ricordava bene cosa successe. Spintoni. Urla.
Bannielli tirò fuori la pistola. Sparò ad una donna.
Grida, sangue.
La confusione che ci fu dopo era simile ad una sbronza. Le immagini sfocate di una notte
di follia.
Poi fu giorno.
Mario si svegliò grazie alla pioggia che cadeva sulla faccia. Intorno a lui le capanne
erano ormai carboni fumanti. Si alzò in cerca dei suoi compagni.
Nessuno.
Si addentrò per qualche metro e fu lì che la vide.
Bianca come la luna destate. Il volto sporco di terra e sangue. Avrà avuto dieci
anni.
Lui rimase senza parole, guardando quel corpicino immobile, nudo, privo di vita. Scacciò
via le mosche posate su di lei, istintivamente, forse per darle solo quel po di
dignità che qualcuno le aveva strappato.
Decise di seppellirla. La carne della bimba stava lentamente marcendo sotto i suoi occhi.
E lodore. Non lo mollava più. Il panico non lo mollava più.
I militari del suo comando erano scappati. Lui era solo in mezzo al nulla mentre
seppelliva una piccola donna massacrata.
Mario poi aveva dei vuoti di memoria, i processi e tutto il resto erano
solo foto sfocate, inutili.
Restava la puzza.
Mentre si ubriacava di whisky, mentre scopava con qualche battona da venti euro. Lei era
lì.
Lui lo sapeva.
A volte la sentiva. Nel crepuscolo.
Si alzava nel cuore della notte. Lui sapeva quando.
Senza accendere le luci entrava nel bagno, apriva le persiane facendo filtrare la luce
flebile della luna.
Lui la vedeva. E ne sentiva il rantolo.
Riflessa nello specchio stava aggrappata alla sua schiena con le sue unghie infilzate
nella carne, lo fissava.
Bianca come la luna destate. Il volto sporco di terra e sangue.
Avrà avuto dieci anni.