Alcuni
dicono che tutto è relativo, anche il tempo. Se le cose stanno così, pensò Enzo, nel
fittizio tempo del dopo, che anche la percezione del suo scorrere non fosse
che un inganno. A volte un crudele inganno. In non più di due quelle minuscole frazioni
del tempo ordinario che noi chiamiamo secondi, infatti, egli aveva martoriato
una vita condannandola a rapida e dolorosa morte senza che la sua volontà, la sua
facoltà di scegliere gli esiti degli eventi, contassero qualcosa. La sequenza dei fatti,
per chi avesse avuto la sensibilità di interessarsi alla morte di un piccolo cane
meticcio, era stata lineare e senza possibilità di fraintendimenti: una sera come tante,
di ritorno a casa, sulla solita strada, con la fretta di soddisfare un appetito scambiato
per fame e di godersi il consueto rilassamento del dopo cena, in compagnia del libro
prescelto o del film da godersi nella sua preziosa saletta dellhome theatre.
Enzo non aveva avuto alcun modo di sapere che quella sera, in pochi secondi, quella
sequenza di ordinarie gioie casalinghe sarebbe stata sconvolta senza possibilità di
preavviso. Le cose accadono per un motivo preciso, questa era sempre stata la sua
convinzione, anche le più insignificanti; ma nel fittizio tempo del dopo,
Enzo non avrebbe saputo capire con consolante chiarezza la ragione del martirio perpetrato
a quel cagnolino dalle ruote della sua auto. Certo, si sarebbe posto linterrogativo
più frequente e spontaneo, in casi come questo, domandandosi inutilmente: perché proprio
a me? Perché proprio in quei due secondi?... E si sarebbe sorpreso anche a rammaricarsi,
con sostanziale egoismo, di non essersi soffermato mezzo minuto di più al supermercato,
prima di salire in auto ed immettersi sulla consueta strada di casa; o, al contrario, di
non averci messo mezzo minuto di meno... Non si sarebbe accorto che quello che stava
facendo, in fondo, era solo un augurarsi che il triste compito, se di compito si trattava,
di martoriare ed uccidere quel cagnolino spettasse ad un altro, lasciando lui in una beata
e pavida ignoranza. Invece, tutto accadde proprio a lui, dopo trentanni di guida in
cui nulla di simile gli era mai accaduto. Doveva prenderne atto e se pure si trattava solo
di un piccolo cane, un insignificante randagio ignorato dal mondo, evidentemente quel
martirio aveva una ragione. Perché tutte le cose hanno una ragione: questo aveva sempre
creduto e questo avrebbe ancora creduto.
Quella ventosa sera di ottobre, la piccola sagoma pelosa, di un grigio
indefinibile nella luce dei fari, sbucò allimprovviso dal nulla, alla sua destra,
fra le inferriate di un gruppetto di condomini cresciuti come funghi sulla lunga retta di
quella strada di provincia che si inoltra per valli e boschi. Quel coso,
iniziò ad attraversare del tutto spensierato il nastro dasfalto e nei pochi secondi
che fu percepito dalla vista di Enzo, parve addirittura allegro. Lesserino
saltellava verso la morte con la gioia di possedere una libertà che noi esseri umani non
possiederemo mai. Enzo vide bene quel guizzare veloce sulla strada davanti a lui ma era un
evento che si verificava troppo vicino alla sua auto, lanciata a 70 km/h. sul rettilineo
verso casa. Un secondo dopo, un colpo secco, duro e impietoso, risuonò sul suo paraurti
anteriore, subito seguito da un rapido rotolio sul sotto scocca, come quando si passa con
lauto sopra una busta di rifiuti lasciata incivilmente per strada. Il piede destro
di Enzo non riuscì nemmeno a sollevarsi dallacceleratore, tanto era stata rapida
quella sequenza, e non cera stata la minima possibilità nemmeno di accennare ad una
frenata. Lauto rallentò bruscamente perché Enzo aveva visto nello specchietto
retrovisore una piccola forma scura sullasfalto, dietro di lui, senza che altre
macchine lo seguissero. Accostò sulla destra e si fermò lasciando accese le quattro
frecce. Il suo cuore era stretto da una morsa di atterrito dispiacere e, sebbene con un
senso di amarissima impotenza, scese dallauto deciso a correre verso quella piccola
forma scura.
Il colpo che essa produsse sulla sua auto doveva essere stato abbastanza forte da far
accorrere anche alcuni abitanti del condominio che affianca la strada. Giunto sul posto,
Enzo vide al centro della carreggiata, un piccolo cane morente, grigio topo, col pelo tipo
spinone. Le zampe anteriori, di tanto in tanto, facevano qualche piccolo scatto,
inconsulto rimasuglio di vita quasi avulso da tutto il resto del corpo. Sullasfalto
non vi era traccia di sangue.
Nel frattempo, si fermarono un paio di macchine da cui scesero un ragazzo ed un uomo. Dal
condominio erano arrivate lì due donne e il marito di una di esse. Enzo e il ragazzo
sollevarono con attenzione il povero corpo e lo accostarono allo zoccolo in cemento del
marciapiede. Il ragazzo provò una sorta di massaggio cardiaco mentre Enzo cercava di
verificare se la bestiola respirasse ancora. La più anziana delle due donne, tutta
emozionata, continuava a ripetere con veemenza che la povera bestia era molto più viva di
quanto in realtà fosse. Tutti guardavano, dicevano la loro, si sprecavano in espressioni
di rammarico. Enzo spiegò che il cagnolino era sbucato fuori allimprovviso e che
nulla avrebbe potuto evitare limpatto con la sua macchina. Si cercò di capire se la
bestiola avesse un padrone, ma al collo portava solo un collare di semplice cuoio senza
alcun altro dato identificativo visibile.
Enzo telefonò ad un suo amico veterinario il quale in quel momento si trovava in città,
a quindici chilometri di distanza, e gli chiese consiglio. La cosa non fu facile perché
il trambusto vicino a lui e le sonore espressioni di rammarico della donna anziana gli
impedivano di capire chiaramente quello che il veterinario gli diceva. Ma il cagnolino era
già morto. Locchio sbarrato, senza alcuna luce, e la totale assenza di respirazione
non lasciavano dubbi. Lo capirono tutti. Solo la donna anziana, trattenuta da un marito
sempre più impaziente, continuava a dire che il cagnolino era ancora vivo e che
respirava... Enzo cercò di consolarla dicendo che il veterinario si era raccomandato di
lasciare lì, da un lato, il corpo del cane poiché avrebbe mandato qualcuno a ritirarlo e
a verificare se aveva un microchip identificativo.
Poi, veloce come si era formato, il piccolo assembramento si dileguò: le auto, che già
avevano costituito una piccola colonna, disinnescarono il lampeggiare delle frecce e si
rimisero in cammino. Anche Enzo tornò sulla sua auto e, sempre sommerso da quel senso
spietato di impotenza, si avviò nuovamente sulla strada di casa.
E solo la storia di una morte insignificante di un insignificante
cagnolino tipo spinone, su una strada di provincia. Ma forse non è finita e, soprattutto,
forse non è senza senso.
Fatto sta che, la sera dopo, alla stessa ora, Enzo si trovava ancora sulla stessa strada
per tornare a casa. Tutto il giorno, di tanto in tanto, era stato tormentato dallimmagine
di quel batuffolo di pelo grigio e degli spasmi dei suoi ultimi istanti di vita; più
volte, gli tornò alla mente il secco rumore dellimpatto contro la lamiera della sua
auto, un rumore che aveva lo stesso suono dellineluttabilità. Ma, naturalmente, la
vita continuava e quando Enzo passò accanto al punto in cui la sera prima era avvenuto
quel triste fatto, vide sul marciapiede, accanto al muretto che delimitava il parcheggio
del condominio, un cagnolino grigio, tipo spinone, seduto e tranquillo come fanno i cani
quando non hanno preoccupazioni di sorta. Pochi secondi anche in questo caso ma
sufficienti, per Enzo, a distinguere chiaramente lo stesso colore di pelo, quel grigio
indefinibile del cagnolino che aveva investito la sera prima. Vide anche che la strada era
priva di persone e che il cagnetto non era al seguito di nessuno. Limmaginazione, si
sa, può fare strani scherzi sotto limpulso dellemozione, ma Enzo è pronto a
giurare che, quando passò accanto al cagnolino seduto, questi diresse con calma lo
sguardo verso di lui, seguendo con il movimento del capo i pochi istanti del suo
passaggio.
- Il magazzino della frutta! - pensò Enzo - Devo svoltare lì dentro e tornare
indietro... Possibile che?...
In pochi minuti la manovra fu compiuta con lirrazionalità di una speranza assurda.
In breve, Enzo si ritrovò allaltezza del luogo in cui aveva visto il cagnolino
seduto, ma solo il freddo cemento e le sbarre di un parcheggio esterno erano illuminate
dalla cinica luce artificiale dei lampioni.
Più avanti, Enzo fece di nuovo inversione per ritornare verso casa e si trovò, così, a
passare unaltra volta accanto a quel punto maledetto.
Era una ventosa sera di ottobre. Le foglie si alzavano nellaria. Enzo non vide più
il cagnolino.