La porta metallica si spalancò di schianto. Senza timore, ma dubbioso, oltrepassò la soglia. La spada legata al fianco tintinnò contro il battente. Una fitta polvere ossea copriva il pavimento marmoreo, gelido. Ragnatele, ossa e candele consumate ornavano la camera. Era arrivato, ne era certo. Seguendo il rituale, si posizionò al centro della stanza, prese la pergamena e recitò i versi. Voleva il tesoro, ormai era vicino. Lo avevano messo in guardia da pericoli ed esseri mostruosi. “Storie di altri tempi” aveva risposto; il castello sembrava disabitato da secoli. Finì di recitare l’epigramma; non accadde nulla. Passarono secondi, minuti, poi qualcosa si mosse: alla sua destra si aprì un varco. Il fondo sembrava emanare luce. “Alla fine è stato facile, giusto qualche brivido”. A passi lunghi andò verso la stretta apertura. Superata la fessura uno schianto alle spalle lo fece sobbalzare.
Il passaggio si era chiuso. Così accelerò l’andatura. La luce del fondo sembrò improvvisamente offuscarsi. Un vento gelido gli sfiorò il collo e percorse la schiena. Invaso da brividi afferrò la spada. Era incastrata, provò con più forza. Così concentrato sull’elsa non si accorse dell’oscura figura che gli afferrò il collo. Urlò per il colpo; il cuore batteva come trenta tamburi. Scalciò, ma un pugno al petto gli spezzò il fiato. La morsa al collo si irrigidì e la nera figura parlò: “Umano, cercavi il mio tesoro, hai trovato me; sei un ladro e come tale, come i tuoi simili, devi morire”. Nell’oscurità i denti brillanti si avvicinarono impazienti al collo teso. Le corde vocali vibrarono per l’ultima volta, con la vana speranza di essere ascoltate. Dopo l’urlo il corpo cadde dissanguato. “Un nuovo ornamento” disse appagato il vampiro. Poi, con un calcio, spacco il cranio della sua cena.
Alessandro Arfuso, nato a Roma il 25 marzo 1991, studia presso il Liceo Ginnasio Augusto, dove frequenta l'ultimo anno liceale.