Seguii il fascio di luci proiettato dalla brughiera, camminai tra l’erba fitta avvicinandomi ai miei colleghi. Chiesi cosa stesse accadendo, ma le deduzioni erano più che logiche, guardai la vittima e per poco non svenni, era morta, il suo corpo, straziato, col viso rivolto al suolo, a terra brandelli di pelle. Non poteva essere una coincidenza, sei anni prima Teresa la mia ex era morta allo stesso modo, sbranata. Mi avvicinai impietrito. Non era possibile riconoscerla, del volto non vi era più nulla. Vidi il suo ciondolo tra l’erba. Cercai di tenere un comportamento dignitoso, come potevo, la mia ragazza, morta, allo stesso modo di Teresa. Chiesi al capitano di congedarmi. Presi l’auto, cominciai a correre, mi ritrovai in una strada di terra battuta, mi fermai, spensi l’auto e comincia a piangere ed urlare.
Qualcosa mi fece sobbalzare, un ululato, era lui, il mio cuore fremeva dalla voglia di sparargli, sentivo il sangue ribollirmi nelle vene, un forte battito cardiaco. Rimasi in auto, vidi un grosso lupo avvicinarsi. Scesi, presi la mira, si voltò verso di me, ci guardammo, il suo muso sporco di sangue era ripugnante, era grande e deformato, qualcosa di indefinibile. Mi puntò, ed io gli scaricai addosso il caricatore. Lo caricai nel porta bagagli, volevo portarlo alla centrale, volevo sapere se fosse stato lui. Accesi la macchina, sentii crampi allo stomaco, più andavo avanti e più diventavano lancinanti. Mi fermai, scesi, mi buttai con le mani al suolo, vomitai, sentivo il sudore scorrermi lungo la schiena, le mani erano sporche di terra, nel porta bagaglio c’era dell’acqua. Lo aprii, guardai, incredulo, cominciai ad indietreggiare, il corpo nudo di Samara, gridai al cielo con le mani agli occhi, e quando le tolsi notai, le mie unghie, erano cresciute, e i peli aumentavano. La luna era piena.