La pioggia, rumorosa
e sempre più frequente, dalla pensilina ossidata per lo smog e il tempo,
cascava sciogliendo i lembi dei quotidiani mal riparati. Presa una rivista,
quasi a caso, la infilò sotto l’impermeabile scuro e fradicio e alzatone il
collo largo e avvolgente iniziò a correre.
Il lungo e desolato viale rimbombava sotto i suoi passi pesanti. - “Ciack...
Ciack...” -. A un certo punto l’uomo si arrestò girandosi di scatto. Come
delle voci, e per un attimo trasalì, ma vide intorno solo un bidone della
spazzatura rovesciato e qualche invadente, madido ippocastano.
Riprese in direzione della sua abitazione, distrattamente, indifferente alla
pioggia che ormai gli filtrava nelle scarpe e nelle mutande. Giunto in
direzione di un vicolo ancora uno scatto. Un rumore di lattine mentre un
cane randagio, rognoso, si sporse circospetto, la pellaccia attaccata
direttamente alle ossa, con in bocca qualcosa di scuro. Si scambiarono uno
sguardo. La cosa scura nelle fauci ebbe uno spasimo vitale. Il cane strinse
la morsa, un rantolo, la bava mista al sangue, poi si voltò e sparì.
Dietro l’angolo il portone di casa era semi aperto. Incurante del proprio
stato l’uomo si infilò nel vecchio edificio, guardò pensieroso i quattro
ingressi degli appartamenti e poi deciso andò a rifugiarsi in uno di questi.
Ancora zuppo sedette sulla poltrona e accese la televisione. I canali non
sintonizzati gracchiavano mentre l’uomo passava sbadatamente da una
schermata grigia a un’altra.
Arrivò finalmente un’immagine. Una poltrona vuota, silenziosa. L’uomo lasciò
il telecomando, distese le gambe e aprì la rivista. La copertina ancora
umidiccia riportava la data vecchia di un anno.
Il segnale tv mancò quell’istante che permise di imprimere sullo vetro scuro
dello schermo un viso immobile e due occhi fissi, scintillanti. Non si
accorse che quella era la sua immagine. Sembrava felice. Sorrise, l’ultimo
uomo sulla terra.