L'ultimo
ad arrivare è il Vecchio.
Quando entra nel sotterraneo il suo volto gronda pioggia e dolore. Ma tutti noi portiamo
impressa sulla faccia la sua stessa maschera, un drappo funebre che ottunde i sensi e la
vista.
Se ne è andato il migliore. Il più coraggioso e amabile, colui per salvare il quale
avremmo dato la nostra esistenza. E adesso niente sarà più uguale, senza la luce
dellombra più oscura.
Mi guardo attorno, siamo al completo; la veglia ha inizio.
Si può mangiare e bere, e mangiare ancora fino a non poterne più, fino allo sfinimento,
fino a scoppiare di piacere nel segno del suo ricordo, nel tentativo di alleviare questo
enorme dolore.
È la tradizione. La cena è per chi se ne è andato, ma consumata da chi in mestizia
resta.
E allora do il segno che sincominci. E che gli schiavi servano il cibo.
Si spalanca il salone immerso nella penombra, mentre fuori urla il tuono e gronda il
diluvio dacqua gonfia dei riflessi carmini della luna sorta prima dellavvento
delle nubi.
I bambini adesso sono legati alle sedie, esposti nudi, lisci come pomi di frutta acerba.
Golosamente li abbraccio uno a uno. Distinto mi si apre la bocca, i canini scattano
con riflessi dacciaio.
Oh, se tu fossi qui a condividere questo pasto sublime!
E nel tuo ricordo minebrio di sangue, di dolore e dei sospiri tiepidi di un cibo
così giovane e puro.