Il compromesso

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

La ragazza dai lunghi capelli corvini, ammantata di nero, varca l’ingresso del dipartimento dirigendosi verso il reparto di ematologia. La segretaria all’accettazione, riconoscendola, abbozza un amaro sorriso.
Uno di quelli che sa di rassegnazione.
D’altronde è già la terza volta, in quella settimana, che si è imbattuta nella giovane donna dal volto emaciato e dal colorito terreo.
Non ha la minima idea di cosa possa esserle accaduto. Né osa chiedere al personale di turno perché c’è sempre un via vai continuo di gente, in quei determinati giorni della settimana.
Ha persino paura di domandare in giro perché quei trattamenti devono necessariamente effettuarsi di sera, quando il sole è già ampiamente tramontato.
I medici di turno, invece, sanno come effettivamente stanno le cose. E non osano disattendere le direttive imposte dalle massime autorità ministeriali. Semplicemente le accettano, non avendo altre alternative.
I rimedi tentati, tuttora, non sembrano aver sortito alcun effetto e il rischio di un’epidemia è decisamente elevato. Il numero delle vittime accertate, nonostante il balletto delle cifre, è incredibilmente spropositato rispetto alle voci che circolano.
Per questo si è giunti al deplorevole compromesso. Per far sì che, con il contributo del sangue di tutti, questo abominio finisca al più presto.

La porta dinanzi alla pallida ragazza si apre e l’uomo, in camice bianco, le fa cenno di accomodarsi.
È il suo turno.
Il trattamento dura poco, circa un quarto d’ora. Raramente i tempi sono più lunghi.
Alzandosi dal lettino attrezzato regala un sorriso, che sa di scherno, alla giovane assistente del dottore che le ha appena praticato la trasfusione.
La giovane ricambia con la stessa moneta, accingendosi ad accogliere il paziente successivo.
Spera tanto che quelle sacche di sangue infetto da HIV possano risolvere il problema una volta per tutte.
Nel qual caso, il Nobel sarebbe certamente suo.

Carmine Cantile