Quel giorno alla stazione

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

Allargai le dita e sollevai i capelli liberandoli dall'orecchio, era sempre così senza accorgermene le mani prendevano quella ciocca che si poggiava sulla guancia e la fermavano dietro le orecchie. Guardai l’orologio ero in perfetto orario, frugai nella tasca, presi il biglietto e l’obliterai. La parola obliterare si fermò un secondo nella mia coscienza.
Cercai una panchina libera e mentre aspettavo ripensai al desiderio che avevo espresso quel giorno. La psicologa mi aveva consigliato di esprimere un desiderio ogni giorno, questo avrebbe messo a fuoco i miei reali bisogni, all’inizio ne avrei espressi molti e tutti diversi ma poi, secondo lei, con il tempo sarei giunta a formulare sempre lo stesso. Purtroppo i miei desideri continuavano ad essere infiniti e a non realizzarsi. Nemmeno quello stupido che avevo espresso la mattina. Almeno quelli stupidi no?
... Allontanarsi dalla linea gialla.

Il treno stava arrivando. Sarebbe ripartito tra dieci minuti. Mi alzai, allungai una mano per riassettarmi i capelli. Non ci riuscii. Ci riprovai, un brivido mi attraversò la schiena, lentamente guardai la mano, o meglio i miei occhi si fermarono lì dove una volta c’era la mia mano. Era scomparsa. Anche l’altra. Com’era possibile? Dov’erano le mie mani? Perché non sentivo dolore? Sudavo. Il cuore mi batteva forte nel petto. Ero sprofondata nell’incubo. Non avevo più le mani. Il cellulare era nella borsa, irraggiungibile, e poi per chiamare chi? Dire cosa? Cosa dovevo fare? Mi veniva da piangere ma non piangevo. La paura sovrastava ogni altra emozione.
... Allontanarsi dalla linea gialla.
Alzai la testa il treno stava partendo senza di me. Come un lampo mi rividi quella mattina davanti allo specchio, insofferente, non avevo nessuna voglia di prendere treno, avevo desiderato che quel giorno accadesse qualcosa di straordinario che m’impedisse di prenderlo.
Una speranza, domani... domani avrei riavuto le mie mani.

Cristina