Il mio piede sinistro

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

- Diabete - ha sentenziato il medico, condannandomi a una dieta ferrea e a mille altri accorgimenti. Non l’ho ascoltato. Sì, mangio meno e mi inietto l’insulina da solo, ma poco più. Vedovo, senza figli o amici per cui valesse la pena curarmi, ho perfino trascurato l’igiene personale. Mi sono preoccupato delle fastidiose ulcerazioni al piede sinistro che non si rimarginavano quando era già troppo tardi: l’arto era in cancrena e andava tolto. Capita ai diabetici che lasciano infettare le ferite.
All’idea che qualcuno mi tagliasse il piede sono impazzito, tanto che ho provveduto a farlo io stesso. Pensavo di scivolare lentamente in un misericordioso sonno eterno, invece ero ancora in grado di muovermi. Anche il mio piede sinistro lo era, tanto che se ne andava in giro per la stanza, felice di essersi liberato della scarpa stretta. E del resto del corpo, che poi sarei io. Non sopportavo il martellare delle sue dita sul pavimento, perciò l’ho catturato.

Con abbondante scotch e un sapiente uso della cucitrice l’ho rimesso a posto e sono uscito, zoppicando. Temevo che la mia strana andatura avrebbe incuriosito i passanti, invece stavano tutti guardando la ragazzina finita sotto al tram: le ruote le hanno maciullato il collo, separandole la testa dal corpo. Adesso sta cercando con le mani di riunirli e ci chiede di passarle del nastro adesivo.
Alla vista di tanto orrore un vecchio ci è rimasto secco. Poco dopo si è rialzato, dichiarandosi felice di essere rimasto tutto di un pezzo: quando avrà fame, gli sarà infatti più facile inseguire il cibo. Ha due nipotini che gli hanno parlato dei non-morti antropofagi, perciò sa cosa aspettarsi.
Mentre le prime persone cominciano a fuggire, il vecchio mi domanda come si nutrano gli arti-zombie. Il mio piede sinistro tra poco gli risponderà.

Biancamaria Massaro