Loro

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2009 - edizione 8

Questa notte ha il colore della luna, una falce tagliata da nuvole scure.
Sono qui appostato e posso solo fumare per attenuare l’ansia.
Vada come vuole, io aspetto, non voglio arrendermi.
Chiudo gli occhi e mi allungo sul sedile dell’auto.
Poi li riapro di botto, col senso di qualcosa di strano, e aguzzando lo sguardo distinguo dall’altra parte della strada lo spettro che aspettavo.
Cammina ondeggiando, in maniera un po’ goffa, e produce un rumore sinistro, di ossa rotte.
- Papà! - lo sento gridare.
Mi presso le orecchie, la sua vocina accartocciata parla di demoni voraci, bocche invischiate di vermi, carni putride e sussultanti, mi parla del mondo senza fine dove noi tutti potremmo perderci e all’improvviso mi sento come non mi sono mai sentito.
Lui si sta avvicinando e io potrei fare qualcosa di indecente - come mettermi a piangere, o magari pisciarmi addosso - invece ruoto lo sguardo e fisso un po’ intimidito quel volto dilatato. Sta lì, con la bocca semichiusa, inghiottito dall’ombra della morte, il corpo intasato di vermi e gli occhi rossi, senza niente al mondo che gli possa fare paura. È una bestia prigioniera del nulla.

- Dove sei? La mamma è con te?
- Sì, ti sta aspettando.
Povero caro, non sa che è una trappola.
Mia moglie è morta di dolore quando il cadavere ancora caldo del nostro unico figlio è stato contagiato dal virus che l’ha trasformato in zombie.
Questa ulteriore menzogna mi fa apparire il tutto ancora più intollerabile e torno ad accarezzare l’idea di sottrarlo ai non morti. Penso di farlo salire per portarlo in un posto sicuro e di nasconderlo al resto del mondo, poi desisto. La bramosia della carne umana lo tradirebbe e loro lo prenderebbero. Sarebbe schiavo.
Estraggo la Magnum e prendo la mira. Due tre colpi basteranno.

Fiorenza Flamigni