Viene il
momento.
Volto langolo del tinello e lascio la situazione alle spalle.
Il copriletto che abbiamo piegato insieme, steso ad asciugare sullo schienale del divano.
Il cane accoccolato sul tappeto. Lei che guarda un telefilm alla tv, uno dei suoi
preferiti, pieno di scene truculente. Il suo pigiama rosso acceso, il viso struccato,
pallido, i lunghi capelli biondi pettinati lisci che le arrivano a metà della schiena e
incorniciano i suoi occhi azzurri, chiari, vacui.
Volto langolo e le lancio unultima occhiata, mi sta guardando e i suoi occhi
mi trapassano.
Entro in bagno, ho la pelle appiccicosa, ho bisogno di farmi una doccia.
Mi accoglie il ronzio sordo della lavatrice.
Gli occhi corrono alla tenda della doccia, tirata. Tipica scena da thriller penso,
nel tentativo di prendermi in giro.
I piedi si affiancano alla tazza, tiro su lasse e provo a lasciarmi andare, ma non
va.
Lancio unocchiata alla porta. Lho chiusa.
Sposto un lembo della tenda della doccia, più per zittire la paura che per altro e
finalmente riesco a sbloccare la vescica.
Tiro lacqua e il rumore dello sciacquone si aggiunge a quello della lavatrice. Il
pensiero corre a quando ero piccolo e mio fratello si nascondeva nel buio, oltre
langolo del tinello.
Cè troppo rumore, troppo. Potrei non sentire in tempo.
Sarà il fatto di essere nudo, ma mi sento osservato, come se qualcuno incombesse su di
me.
Mi volto di scatto ma le mattonelle grigie e fredde della parete riflettono solo la mia
faccia angosciata. La porta è ancora chiusa.
Faccio scorrere la tenda della doccia con un rapido gesto del braccio, ho bisogno di stare
tranquillo ma il rumore di quella dannata lavatrice aumenta e non aiuta.
Mi ritrovo nella doccia, dietro la tenda colorata tirata e la scosto di nuovo un poco, per
poter tenere docchio la porta.
Apro il rubinetto. Allinizio lacqua è fredda, poi troppo calda. Non smetto di
lanciare occhiate alla porta, piuttosto preferisco scottarmi una gamba.
Quando finalmente trovo la giusta combinazione, cerco di rilassarmi.
Mi appoggio con la schiena alla parete e mi assale limmagine di me che affondo
dentro il muro di mattonelle grigie, morbido come un materasso. Mi fagocita a metà, poi
sindurisce e sono vivo in una trappola di cemento. E allora la lavatrice tace e lei
irrompe urlando con gli occhi dilatati e il viso sconvolto dalla pazzia. Brandisce un
coltello e in breve lacqua ai miei piedi si tinge di rosso.
Devo reagire, non posso lasciare spazio a simili pensieri, sono un adulto.
Uso lo shampoo per primo. Dopo pochi istanti divento semi-cieco. La schiuma prosegue,
inesorabile cala sulle orecchie e di colpo sono sordo, non sento il rumore della
lavatrice, figuriamoci se potrei sentire dei passi. Ho perso la dimensione della mia
sensibilità.
Chiudo gli occhi alternativamente per liberarli dalla schiuma con un dito, perché non
posso non controllare la porta. Mi sembra socchiusa. Controllo. Sì è proprio chiusa.
Inizio il risciacquo, un altro breve attimo di cecità in cambio della capacità di
sentire.
Il vapore sale intorno a me.
Il calore satura lo spazio interno alla doccia, cerca sfoghi oltre la tenda, si scontra
con laria fredda e fugge allesterno, la tenda si muove in risposta e mi
accarezza le gambe, la plastica mi si appiccica addosso.
Ho una reazione di panico. Chiudo lacqua ed esco fuori al freddo.
Lasciugamano è appeso vicino alla lavatrice, per prenderlo devo sporgermi di fronte
alla porta. Il pensiero che potrebbe aprirsi di scatto sinsinua in me. Sono indifeso
contro immagini preconfezionate di morti atroci che si succedono nella mia testa senza che
le possa fermare.
Di nuovo la sensazione di avere qualcuno alle spalle, la mia ombra. Lo specchio mostra
solo me, ma posso fidarmi di una creazione così diabolica?
Nessuno nella doccia, nessun muro di gomma, solo mattonelle dure, grigie.
Afferro di scatto lasciugamano e mi ritraggo in tutta fretta.
Devo ancora farmi la barba.
Vuol dire essere nudo di fronte al lavabo e allo specchio e dare le spalle alla porta.
Mi annodo lasciugamano alla vita, almeno posso rilassare le natiche, ma lidea
di una presenza alle mie spalle rimane. La mia immagine amorfa si replica sulle pareti del
bagno lucide di vapore e sul laccato bianco della porta alle mie spalle. Si fa beffe di
me, è come un fantasma che mi deride. Sto diventando schizofrenico?
Apro lacqua calda e faccio scaldare la lama del rasoio sotto il getto.
Dopo un minuto sono allo specchio con il viso ricoperto di schiuma. La porta è sempre
chiusa. La lavatrice adesso pare gemere, o forse sussurra nenie mortali dando eco ai
demoni della mia mente? Devo essere veloce, abbassare gli occhi solo il tempo necessario a
sciacquare il rasoio e poi rialzarli subito, per controllare alle mie spalle e continuare
a radermi.
Di colpo realizzo di non sentire più il rumore della televisione provenire da oltre la
porta. Era un sottofondo rassicurante, una nota bassa, distante, sempre presente sotto gli
altri rumori.
Isolo il suono dello scrosciare dellacqua nel lavandino e lorecchio si colma
di un ronzio assordante, il ronzio di quando tendi i sensi allo spasimo in attesa.
Poi rischio, e la chiamo.
- Amore?
Non risponde.
Sento grattare alla porta, potrebbe essere il cane.
Potrebbe.
Mi volto lentamente mentre sento lasciugamano che si allenta intorno alla vita.
Non posso sistemarlo perché le dita indolenzite mi ricordano che ancora stringo con forza
limpugnatura dosso del rasoio. In quel momento la lavatrice tace e sento il
ticchettare delle unghie del cane che si allontana.
Socchiudo gli occhi mentre un sorriso fugace mi appare sul viso a sottolineare quanto sono
sciocco.
E proprio in quel momento la porta si apre di scatto.
Lei entra, ha in mano qualcosa.
Non le do tempo. Il braccio si stende con uno scatto e lo spruzzo di sangue mi colpisce
sul viso un secondo dopo che la parabola del movimento è completata.
Lei lascia cadere loggetto e si porta le mani alla gola nel tentativo di arginare la
ferita.
Mi guarda stupita mentre cade in ginocchio e gorgoglia una domanda che non capisco.
Colpa sua.
Avevo paura, aveva qualcosa in mano. Cosera? Non importa, che importanza ha
maledizione? Io avevo paura. Fin da quando mio fratello si nascondeva dietro langolo
del tinello, nel buio.
Lho sempre avuta.
Mi chiamo Roberto Paris, ho 36 anni e dal 2003 ho lasciato la Liguria per l'Olanda. Sono impiegato, sposato e padre di un bimbo di due anni e mezzo. Un mio racconto breve è apparso su Short Stories n.3 e un secondo sul Fantacalendario 2008 della Delosbooks.