Pupino
aveva un dono: poteva avverare i propri desideri se recitava il desiderio stesso in rima.
Fino alletà di quattro anni non fu in grado di plasmare frasi al di fuori delle
classiche mamma, papa (e questultima non gli usciva neanche
tanto bene e quando il padre li sgridava lui ripeteva meccanicamente brutto
papa e la nonna si faceva il segno della croce). Non vollero mai portarlo da uno
specialista, convinti che prima o poi avrebbe raggiunto il livello dei suoi compagni
dasilo. Ben presto lo ritirarono dallasilo.
Dunque dovette attendere prima di trarre vantaggio dal suo dono, e i primi casi
effettivamente compiuti successero per puro caso, per fortunata associazione casuale di
parole. Il primo episodio si svolse a casa della nonna materna. Seduto sulla sedia del
tavolo da pranzo, con lirrinunciabile cuscino sotto il culetto che gli faceva
raggiungere laltezza sufficiente per non rimanere al di sotto della tovaglia
apparecchiata, era in attesa della minestra di cavolfiori della nonna. Un piatto che non
amava particolarmente, anzi lo detestava. Alla tv davano un quiz a premi e il conduttore
quella sera era in vena di rime. Pupino aveva cinque anni.
Ed ecco a voi signore e signori il nostro campione, il signor Sollazzi
annunciava, tra gli schiamazzi e gli applausi obbligati del pubblico. Pupino attendeva,
imbambolato davanti alla tv, e già lolezzo di cavoli riempiva la cucina.
Signor Sollazzi, è pronto? Bene, perché nel nostro gioco chi si aggiudica la
puntata... Vince la frittata dorata!. Pupino, come abbiamo detto, spiccicava poche
parole dunque non era in grado di ripetere appieno la frase del conduttore ma per qualche
misteriosa coincidenza mescolò delle lettere qua a e là. No no portata... Vince
frittata. La nonna poggiò il piatto di minestra fumante sul tavolo perché ancora
troppo calda e poi Pupino andava controllato altrimenti si sarebbe sbrodolato tutto. Il
bambino osservò il contenuto del piatto che mutava, solidificandosi e trasformandosi in
una mezza porzione di frittata ( il piatto preferito di Pupino). Il bambino si alzò in
piedi sulla sedia, raccolse il piatto e ne divorò il contenuto, con grande sorpresa della
nonna che appena trovò il piatto vuoto si appiccicò al telefono per avvisare la figlia
dellevento a dir poco miracoloso.
Ma sì, non ho avuto il tempo di metter a scaldare larrosto che lha
finita tutta. Hai proprio un bravo figliolo."
Il secondo episodio si verificò in chiesa. La mamma e il papà di Pupino erano fedeli e
praticanti e soliti partecipare alla funzione domenicale. Quella mattina la chiesa era
gremita, i fanciulli in attesa del sacramento della comunione erano tutti in fila nei loro
abiti eleganti, come tanti promessi sposi. Tra di loro cera Susanna, la sorella di
Pupino. Giunsero al momento del consegna delle ostie consacrate. La fila di giovani
scorreva lentamente davanti al prete, che offriva loro il corpo di Cristo. Quando arrivò
il turno di Susanna, il mal sincronizzato movimento tra la mano del prete e la bocca della
fanciulla fece cadere a terra lostia. Il prete diventò rosso e gelò la bambina con
lo sguardo, che abbassò gli occhi e iniziò a singhiozzare.
Rutto, rutto... brutto! esclamò Pupino e al parroco non uscì un ruttino
innocente come quando si mangia troppo e si ringrazia lallegra tavolata per il
rancio. Fu una frana di rumori cavernicoli, una serie di vomitevoli eruzioni stomacali che
lasciarono allibiti tutti i fedeli per decine dinterminabili secondi, finché
qualcuno in fondo alla chiesa iniziò a sghignazzare. Poi qualcun altro iniziò a ridere e
ben presto almeno metà folla si dovette tenere la mano sul viso per non risultare
blasfemo agli occhi di Dio. Il prete dal canto suo venne portato al pronto soccorso
perché gli si era rivoltata la lingua in gola un paio di volte e non riusciva a
respirare, travolto da una crisi isterica.
Negli anni successivi successero altri fatti interessanti, altri desideri avverati, ma
senza che Pupino comprendesse il metodo di richiesta degli stessi. Nonostante le speranze
dei genitori, non crebbe un bambino oltremodo sveglio e quando iniziò a capire che
avrebbe potuto diventare il padrone del Mondo, non colse mai il meccanismo con il quale
avrebbe potuto ottenere ciò che voleva. Trascorse la sua breve vita limitandosi a
recitare qualche frase in rima, inconsapevole.
Nanerottoli, datemi i vostri giocattoli in terza elementare e la sua camera si
riempì dei giocattoli dei suoi compagni di classe, anche di quelli che non erano suoi
colleghi abituali di giochi. Quando tornò a casa dalle lezioni quasi non riuscì ad
aprire la porta, tanto la stanza era intasata. Cerano centinaia di macchinine di
metallo, palloni, autopiste e trenini elettrici, a migliaia tra soldatini e
mostricciattoli vari. Con laiuto della mamma riconsegnarono tutti i balocchi ai
proprietari nello stupore generale. Un giorno di settembre, in quarta elementare, dopo
uninterrogazione andata male, recitò sottovoce una frase che stranamente non era
mai uscita in quegli anni, e per fortuna la sua vicina di banco lo interruppe proprio nel
momento dellultima parola.
Ti odio maestra... salta dalla finestr... e la maestra percepì il bisogno
incombente ed irrinunciabile di avvicinarsi e spalancare le ante del finestrone che dava
sul cortile di cemento delledificio. Guardò giù e dal quarto piano il mondo era un
po più piccolo. Fece per alzare il ginocchio per issarsi sul davanzale quando
Pupino si fermò, disturbato dalla vicina di banco che gli chiedeva in prestito la gomma.
Dopo laccaduto linsegnante pareva non ricordasse niente.
Poi iniziò il periodo delle filastrocche, quelle che si ripetono decine di volte al
giorno fino alla nausea. Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra
crepa e nel parco cittadino, sotto una delle tanta panche metalliche verniciate di
verde, una capra di montagna morì soffocata, incastrata sotto la panca mentre
unaltra sua simile, evidentemente più fortunata, si trovò a dover balzare giù da
una seconda panchina e si mise a brucare lerba del prato accanto.
Tigre contro tigre e in India e Malesia, per poche manciate di minuti, tutte
le tigri che si incontrarono iniziarono una cruenta lotta. Per fortuna, trattandosi di un
animale solitario, gli scontri furono esigui ma in uno zoo nei sobborghi di Roma due
addestratori trovarono due tigri avvinghiate. Si erano mangiate a vicenda fino a trovare
la morte.
Trascorsero gli anni senza che Pupino risolvesse lenigma del suo
potere. Ormai si era reso conto di poter avverare ogni desiderio, ma non ne comprendeva il
meccanismo. Dapprincipio credette che la magia fosse legata agli eventi atmosferici
(alluscita della chiesa e dopo i rutti indescrivibili del prete, aveva grandinato) e
per un non breve periodo di tempo attese larrivo della grandine. Cadde ghiaccio dal
cielo dopo quasi due mesi. Pupino si diresse eccitato alla finestra e strillò
Voglio i miliardi, voglio i miliardi. Ovviamente non successe nulla e questo
episodio raffreddò parecchio le ambizioni di un bambino che non aveva tutti i venerdì in
ordine, in effetti.
Dopo due anni passati tra psicologi ed assistenti sociali, Pupino desiderò di nuovo.
Frequentava una scuola specifica per i ragazzi che come lui soffrivano di gravi ritardi di
comprendonio e sebbene fosse diventato introverso e malinconico, non accettava quello che
gli stava capitando. Lui voleva vivere, uscire con le ragazze, andare forte in macchina e
ubriacarsi il venerdì sera. E poi, in fondo al cuore, cera sempre la speranza di
cambiare qualcosa soltanto chiedendolo. Quanto sarebbe stato semplice. Voglio essere
normale. Et voilà, un gioco da ragazzi. Probabilmente se un dono del genere fosse
capitato a Martin Luther King o Adolf Hitler le cose per il Mondo sarebbero andate un
po diverse ma il destino aveva incoronato Pupino ed era lui che doveva decidere per
il suo futuro.
E quel pomeriggio che sparì dalla faccia della Terra, Pupino prese la mano della mamma ed
esaudì il suo ultimo desiderio.
Mamma, io so di essere diverso... io voglio volare nelluniverso.