La luna nel pozzo

Padre Morton affrettò il passo per adeguarlo a quello della ragazza. Aveva il fiato corto, ormai, e riscontrava non poche difficoltà a districarsi in quel groviglio di rami spezzati ed erbacce, che gli rendevano difficile persino il mantenere l’equilibrio: in realtà, in quel preciso istante, avrebbe voluto ritrovare, soprattutto, quello mentale! Ad un tratto, notò che le querce si stavano diradando, lasciando infine il posto a un’ampia radura, al cui centro s’ergeva un vecchio pozzo rozzamente rifinito. Di fronte e a pochi metri, c’era un tronco d’albero spezzato in alto, in modo da assomigliare, coi suoi rami aperti, a una grottesca statua di legno incompleta o mal riuscita. Il chiaror di luna rendeva tutto tremendamente spettrale. La ragazza s’era fermata, di spalle, a una decina di metri da lui e si girò di scatto, facendo roteare i suoi capelli che, alla luce cinerea, sembrarono un batuffolo d’ovatta scura: - E’ qui! - disse - Il luogo è questo.
Padre Morton sentì i muscoli del suo corpo irrigidirsi, come se avesse improvvisamente freddo. Gli alberi, nell’oscurità, gli apparivano simili a ombre inquietanti: immobili fantasmi, pronti a trasformarsi in qualcosa di osceno.
Raggiunse la ragazza e riprese fiato. - Cosa succederà esattamente, in questo... - si guardò intorno, come a immortalare l’ambiente - ... posto! - aggiunse.

- Te l’ho spiegato, prete! Tra poco questa radura pullulerà di streghe. Quando la luna sarà alta nel cielo, i tamburi inizieranno a rullare e la danza del sabba comincerà. La vittima sarà legata a quel tronco...
Padre Morton fissò il fusto d’albero spezzato e un brivido gli attraversò la schiena.
- La vittima?... - chiese con un filo di voce, la quale sembrò il fruscio di una vecchia radio a galena - ... un bambino? - aggiunse.
Più che una domanda, era una grottesca esclamazione.
- Forse. Non so chi hanno scelto per stavolta...
- Poi, cosa succederà?
- Come ti ho già accennato, questa è una notte speciale per noi Sorelle. Non appena la luna si rispecchierà nel pozzo, una delle danzatrici sarà scelta dal Principe delle tenebre, che s’impossesserà di lei... ma non sarà una semplice posseduta: ella assumerà le sembianze di Satana stesso!
Padre Morton si fece il segno della croce. La pallida luce del satellite, unita al pallore del suo viso, lo faceva assomigliare a un ectoplasma da film dell’orrore.
- Vuoi dire che...
- Hai capito benissimo, prete! Il diavolo in persona sgozzerà la vittima del sacrificio e ne berrà il sangue... ma, soprattutto, la guarderà negli occhi. Tu sai che se Lucifero ti guarda negli occhi, avrà la tua anima, vero?
L’uomo appoggiò delicatamente le sue mani sulle spalle minute di lei, fissandole le iridi: così giovani, così scure. - E tu sai che stai salvando la tua, di anima... Giusto? - disse.
La ragazza distolse lo sguardo e sembrò fissare a lungo il rozzo contorno del pozzo. Quando si girò di nuovo a guardarlo, le sue labbra abbozzavano un malizioso sorriso.
- Siamo qui per questo, no? - disse d’un tratto, poi scoppiò a ridere, in un modo che fece accapponare la pelle del religioso.
- In realtà... - proseguì - ... in realtà, prete, su due cose soltanto ti ho mentito.
Al padre sembrò che le ombre, intorno alla radura, cominciassero a muoversi.
- Quali?
- Uno: non sono affatto una strega pentita. Due: non è vero che non conosco la vittima designata per questa notte!
Le ombre si stavano muovendo per davvero. E una ad una si materializzavano, come figurine di un antico caleidoscopio, davanti agli occhi del sacerdote. Una, due, poi tre, quattro e così via: sagome pallide, come vampire uscite da una vecchia pellicola, in bianco e nero, di Roger Corman. In poco tempo, la radura si riempì di giovani streghe.
La ragazza continuò a fissare a lungo Padre Morton e adesso indietreggiava, mentre il suo viso era diventato una maschera di cera, la cui smorfia richiamava alla mente l’antico teatro greco. L’anziana delle adepte non mostrava più di quarant’anni e stava avanzando con le braccia conserte, non come se camminasse, bensì come fluttuasse nell’oscurità.
- Tu sarai il capro sacrificale, prete! - tuonò, con voce atona e possente. - Perché questa è una notte speciale e Lui avrà una vittima speciale! Satàn avrà sangue fresco del nemico a dissetarlo... e l’anima d’un sacerdote dell’immonda chiesa, sarà sua!...
Padre Morton s’accorse di essere circondato. Le querce, tutt’intorno alla radura, apparivano rare e lontane, rispetto a quella folla di donne. Due di queste si sedettero a terra e cominciarono a battere le mani su una coppia di djambé, producendo un ritmo forsennato, il quale agì come un segnale.
In pochi secondi gli furono addosso. Lui tentò di opporsi, ma erano decisamente in troppe! Lo spogliarono, strappandogli la veste talare e, di forza, lo portarono al tronco di quercia, dove fu saldamente legato. Il ritmo dei tamburi, ancestrale, sensuale, sembrava aprire una porta verso lande oscure e senza ritorno. Padre Morton fissò la luna, in alto, in quel cielo che per un lungo momento gli parve il soffitto dell’inferno: l’astro sembrava un teschio luminoso e beffardo.
- Padre nostro... - cominciò.
Le danzatrici urlavano. Gli tornò in mente uno dei film western che aveva tanto amato, da ragazzo, in cui gli indiani ululavano a ritmo di danza.
- ... Padre nostro, che sei nei Cieli... - la sua voce era come un ronzare d’insetto intorno alle siepi di un parco estivo, mentre bambini chiassosi inseguono cani che abbaiano.
Cercò di distogliere lo sguardo dalle baccanti, ma era quasi impossibile. “Una di esse...” pensò, tra l’incredulo e lo sgomento “... una di esse, tra poco, sarà il demonio?” Guardò ancora la luna. Era quasi sul pozzo.
- Prendi me! - gridavano all’unisono le iniziate, mentre i loro corpi si contorcevano nell’estasi del ballo.
- Scegli me! - urlò la ragazza che lo aveva attirato in quella trappola: il suo viso era trasfigurato da una sorta di paranoia.
- Scegli me!- gridò la sacerdotessa anziana, con più enfasi di tutte.
- Dio! - esclamò padre Morton - Oh, mio Dio... chi sceglierà... chi sceglierà?... Se sta per accadere davvero, Signore onnipotente, salva la mia anima!... Non farmi vedere il volto del Maligno! - Respirò a fondo e con violenza, procurandosi una terribile iperventilazione. Poi lentamente, il mondo, con i suoi suoni da incubo, divenne distante. E buio. Un buio profondo e senza coscienza.

 

Quando riaprì gli occhi era disteso al suolo, nei pressi del pozzo. La luna era ancora alta nel cielo. Di fianco al suo corpo, nudo, c’era uno spezzone di corda bruciacchiata. Alzandosi, si guardò le mani: sotto le unghie, leggermente più lunghe del solito, c’erano pezzi di pelle lacerata e insanguinata. In bocca avvertiva un orrendo sapore dolciastro. A pochi passi, l’erba, chiazzata di liquido scarlatto, faceva capolino tra pozze di sangue, che si allargavano dappertutto intorno a lui. I corpi delle adepte parevano formare la corolla d’un orripilante tulipano: erano state tutte sgozzate. Dalle loro palpebre sbarrate spuntava solo un bianco senza iridi, il quale brillava in modo sinistro alla luce lunare. Sentiva uno strano calore interno, come se il suo corpo fosse stato forgiato in un altoforno. Si affacciò a sbirciare nel pozzo: la luna si rifletteva ancora nelle acque scure di quel tetro abisso. Non poté distinguere i lineamenti del suo volto, ma gli occhi emettevano un’agghiacciante luce rossastra. Si accasciò sulle ginocchia, atterrito. Satana aveva scelto: imprevedibile, come sempre.

Alfonso Dama