Mi avevano
catturato la sera prima. E adesso dovevo combattere. Appena i pitbull finivano di
sbranarsi sarebbe toccato a me. Il mio avversario era un bestione di cento chili, pelato e
dallo sguardo ottuso chiamato Cannibale. Sperai non fosse da prendere in senso letterale.
Mi guardava dal lato opposto della gabbia, che racchiudeva il ring, con aria poco
rassicurante. Era stato condotto per un lungo corridoio con esposte come trofei almeno una
ventina di teste umane. Se lintento era quello di impressionarmi cerano
riusciti. Intorno a me unottantina di persone affollavano rumorosi gli spalti,
sembravano usciti da un film di Romero. Erano i classici bifolchi della campagna sarda,
con la sola differenza che erano pazzi fottuti. I cani avevano finito. Il più grosso dei
due, coperto di sangue, banchettava con le budella dellavversario. Mentre il ring
veniva sgombrato, una voce tonante uscì dagli altoparlanti.
- Adesso lincontro più importante della serata!
Immaginai si riferisse a me. E la bava che colava dalla bocca del mio avversario me ne
diede conferma. Eravamo entrambi nudi fino alla cintola. Io non sono mai stato molto
robusto, dimostro circa trentanni, volto anonimo e si può dire che a differenza del
mio contendente passo inosservato.
- Limbattuto Cannibale!
A sentire il suo nome sembrò impazzire, smanioso di combattere.
- E lo sfidante Falce.
Che cazzo di soprannome. Forse si erano fatti influenzare dal mio aspetto filiforme. La
sera prima ero diretto a Cagliari in visita a certi amici. Convinto di prendere una
scorciatoia mi ero perso tra vie di campagna che non conoscevo. Il satellitare faceva le
bizze e le cartine non le avevo mai sapute vedere. Così ero giunto in un ameno paesino.
Tutto tranquillo fin quando, confidando nella proverbiale ospitalità della gente di
campagna, avevo bussato a un casale per chiedere informazioni. Mi ero risvegliato con un
gran mal di testa in una cella buia, con una ciotola dacqua e un pezzo di pane.
Passai lì tutto il giorno. Per fortuna cerano i topi.
- Fateci divertire.
Dicendo così la voce si era zittita. Cannibale saltò nella gabbia con sguardo omicida.
Io venni spinto dentro, forse temevano non fossi motivato.
- Ti faccio a pezzi.
Buono a sapersi. Le porte della gabbia che circondavano il ring vennero chiuse. A terra
ancora ben visibile il sangue dei cani. Iniziammo a girarci intorno come due boxer che si
studiano. Non mi avevano spiegato le regole, né i motivi, arguii che erano entrambi
ininfluenti. Le scommesse dei presenti protendevano verso Cannibale. Inutile chiedere
aiuto. Il bestione di fronte a me fece la sua mossa.
Il sangue schizzò sugli spettatori della prima fila. Cannibale provava a tamponare la
gola squarciata. Adesso sentivo uno strano silenzio.
- Avete preso la persona sbagliata!
Urlai ai presenti, che fissavano sbigottiti le mie zanne. Divelsi le sbarre come burro. E
quella sera bevvi sangue a sazietà.