Il luogo
era buio. Una densa oscurità pervadeva il visibile e linvisibile.
La cupa assenza di suoni era interrotta da improvvisi e brevi momenti intrisi di rumori
raggelanti: grugniti disumani, catene striscianti, lame sfreganti, strazianti urla di
esseri inesistenti e... il pianto... o meglio, il timido singhiozzo di una creatura sola,
una chioma dorata fonte dellunica luce, il solo cuore pulsante in quella tenebra
eterna, le poche lacrime, umidi specchi dellanima alla ricerca di un lontano mare di
speranza: una bambina china, appoggiata su deboli ginocchia, con la schiena interamente
ricoperta da filamenti biondi, è impaurita e tanto triste. È anche tanto sola perché
mamma e papà non sono lì con lei, perché lamabile cucciolo Lolli non le è
accucciato accanto a godere delle sue carezze e soprattutto... perché la cattiva signora
gli ha strappato dalle braccia la cara compagna di giochi dai morbidi riccioli mori e dal
viso sempre solare e sorridente. Felicia, questo era il nome della bambina, aveva paura
che quella brutta arpia facesse del male alla sua Clea, il nome della sua bambolina.
Nemmeno voleva pensare a quelle luride e rugose dita che cingevano lesile corpicino
di pezza rovinandogli il bel vestito lungo di cotone rosso, che con tanta cura le aveva
cucito con laiuto della madre... Oh mamma... se tu fossi qui con me...
Dimprovviso una timida luce si accese: appesa ad un filo consunto, una lampadina
sudicia con attorcigliato un fil di ferro che faceva da macabro cappio alla piccola Clea a
cui era stata lacerata una gamba. Filamenti disordinati spuntavano dal busto di pezza.
Felicia urlò portando le mani alla nuca mentre la lampadina, sfrigolando, subito si
spense, non prima che Felicia notasse unombra fuggevole muoversele attorno.
Un dolore innominabile le attraversò la gamba destra e un urlo innocente inondò la
stanza buia.