Poi sorrise

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Entrò scrollandosi l'acqua di dosso. La casa era meno peggio di quanto si aspettasse. Vecchia, certo, polverosa, certo, con un odore di muffa e di qualcos'altro, ma tutto sommato non era male. C'erano ancora dei mobili, perfino.
“Decisamente meglio del ricovero”, pensò.
Si sentì a casa. Fece un giro tra le stanze, finché, al piano di sopra, ne trovò una con un grande letto polveroso. Aveva dormito in posti peggiori. Si stese. Era comodo. Solo quel ritratto che aveva davanti, con mamma, papà e bambino, che lo guardavano ridendo. Un sorriso strano, che sembrava brillare di una luce sinistra. In quel quadro qualcosa non andava.
Si girò dall'altra parte e si addormentò.
Si svegliò, qualche ora dopo. Il temporale si era placato. Il ticchettio della pioggia era stato sostituito da un inquietante lamento.

Ne aveva sentite, di storie, su quella casa. Storie di vampiri, soprattutto. Gli avevano detto che i vecchi proprietari andavano in giro solo di notte. Gli avevano detto tante altre cose, che preferiva non ricordare. Ma tanto a quelle storie lì mica c'aveva mai creduto. E poi, qualunque inferno vi avesse potuto trovare non avrebbe potuto essere peggiore di quello che si stava scatenando di fuori. Di fuori, stava venendo giù il cielo.
“Chi c'è?” urlò, senza risposta. Tutte le storie che aveva sentito gli si rovesciarono addosso facendolo sudare, nonostante il freddo pungente. Si alzò.
Il lamento continuava.
Lo seguì per il lungo corridoio, finché arrivò a quella che una volta era stata una cameretta. Il lamento era sempre più vicino. Abituò la vista all'oscurità. Il cuore gli stava esplodendo nel petto.
Ma poi, in un angolo, lo vide. Tirò un sospiro di sollievo. Lo guardava, dal basso verso l'alto, con sguardo innocente.
“Un bambino”, si disse. “E' solo un bambino.”
Poi il bambino sorrise.

Luigi Costa