Avevo
freddo. Nonostante fossi solito dormire sotto coltri spesse, brividi pungenti mi
percorrevano il corpo. Cercai di avvolgermi meglio sotto le coperte; invece, come allungai
la mano, non le trovai. Pensai fossero inspiegabilmente cadute e volli cercarle, ma,
nonappena alzai il capo, sbattei contro una parete ruvida. Stranito, la cominciai a
tastare. Le mie mani corsero timorose lungo il legno alla ricerca di unapertura,
mentre lansia in me cresceva.
Presto ebbi la certezza di sentirmi soffocare: ero chiuso in quella che sembrava una
scatola di legno senza possibilità duscita. Urlai disperatamente supplicando aiuto,
ma tutto fu vano. Senza pensarci su due volte, con le mani, cercai di spaccare il legno.
Le mie dita si scorticavano e schegge si conficcavano nella mia pelle lacerata ma,
insensibile, continuavo a grattare e a spaccare. Poi, inavvertitamente, udii un rumore.
Mi fermai sospirando: finalmente i soccorsi arrivavano. Da fuori provenivano flebili gli
schiamazzi della gente. Rumori sordi e scricchiolii del legno mi rumoreggiavano nelle
orecchie. Uno squarcio, infine, si disegnò sullo spigolo della cassa. La luce penetrò
improvvisa e chiusi gli occhi.
Delle mani mi aiutarono ad uscire mentre, ad occhi socchiusi, tentavo di distinguere le
sagome nere che, nel silenzio più totale, mi circondavano. Tutto era confuso e
vorticante; avvertivo uno strano odore nellaria che smuoveva un istinto in me
celato. Mi mossi in fretta inebriato, ma non capivo ciò che stavo facendo.
Avvertii delle urla e la mia attenzione si destò. Le persone che avevo davanti alla mia
vista scapparono inorridite. Mi trovavo in cimitero; compresi che quello doveva essere il
mio funerale.
Solo allora, avvertii qualcosa dimenarsi tra le mie braccia. Avevo agguantato un uomo e
ora i miei denti erano piantati nella sua carne. Lo riconobbi subito, ma, nonostante ciò,
listinto fu più forte.
Aveva un buon sapore, mio padre.
Ho frequentato un'istituto d'arte, adesso lavoro e scrivo qualche storia nel tempo libero di genere fantasy.