L'ultimo Istarhov

Essere dei vecchi vampiri, ossuti e macilenti, non è bello.
Ero l’ultimo discendente della famiglia Istarhov che, dopo mille peripezie per tutta l’Europa durate dal 1155 ad oggi, aveva finalmente trovato fissa dimora in Italia.
Avendo dilapidato tutto il mio patrimonio ero costretto ad arrangiarmi in mille modi, con mille espedienti. Ultimamente, per sopravvivere, mi ero abituato al sangue di cani, gatti e topi affrontando innumerevoli vicissitudini e, soprattutto, tante umiliazioni da parte dei miei e vostri simili. Ero riuscito ad impossessarmi di un vecchio palazzo diroccato alla periferia di Reggio Calabria; qui, rattoppai una vecchia cassapanca, trasformandola in un giaciglio molto più confortevole del mio consunto feretro.
La notte, quando ne avevo voglia, uscivo per le strade nel vano tentativo di trovare qualche “preda”; dovevo però fare molta attenzione perché il mio aspetto sgradevole e malandato mi rendeva facilmente riconoscibile... altro che i vampiri belli, forti e romantici del cinema, cari miei!

Forse, se ci penso bene, un po’ romantico lo ero anch’io: la mia non era solo voglia di sangue - molto diminuita nei secoli - ma anche voglia, curiosità di parlare con qualche altro mio simile oppure con qualche umano interessante... sicuramente, oltre al sangue, un po’ di compagnia, non avrebbe guastato!... Ma poi sopraggiungeva la noia ed i primi albori, così me ne tornavo nella mia cassapanca.
Voi lettori subito penserete a me come un vampiro... come dite? Sfigato?... Ecco, sì! Dite proprio così!...Ma posso garantirvi che spesso tutte le paurose creature che voi chiamate mostri, fantasmi, vampiri ed altro, sono solo dei poveracci che, per colpa o per destino, sono rimasti maledettamente soli. Di conseguenza, soffrendo per questa misera condizione, diventano crudeli e spietati!... Bah, Forse no! Francamente io non mi sono mai sentito né cattivo né spietato, magari solo un po’ pigro!

 

...

 

Una sera d’estate mi trascinai fino a Punta Péllaro e lì trovai un posto vicino alla spiaggia ove potevo ammirare il mare dello stretto di Messina. Non so perché ma avevo voglia di piangere e la vista di quello splendido spettacolo notturno, aumentava il mio sgomento.
Verso mezzanotte una lieve brezza cominciò a lambire la costa ed un gradevole odore di pitosforo invase le spiagge: cominciai allora a rasserenarmi, tanto da immaginare il “trasloco” della mia cassapanca in quel luogo così intimo e delizioso, così gentile.
Nella mia mente un turbinio di ricordi dei secoli passati: guerre, pestilenze, inquisizioni, rivoluzioni... Boia, quant’ero vecchio!
“Daniil! Sei tu Daniil?...” - sobbalzai, sentendo chiamare il mio nome. A pochi metri da me vidi una bellissima ragazza seminuda dai capelli castani e dagl’incantevoli occhi azzurri: “Chi sei? Come fai a conoscere il mio nome?” - le chiesi con un filo di voce.
La ragazza sorrise e mi sedette accanto, potei così avvertire il suo profumo misto all’odore di salmastro: “Ti conosco da un po’. Ti ho visto anche per le vie di Reggio!” - “Sai chi e cosa sono? Non hai paura del mio aspetto?” - dissi togliendomi lentamente il mantello, mettendo in mostra secoli di decadenza fisica. “No, non mi fai paura e so che non mi farai del male. Io mi chiamo Katia” - sospirò voltandosi ad ammirare il mare dello stretto. Io restai immobile.
D’un tratto lei mi prese la mano e mi si avvicinò; sentii il solletico dei suoi capelli profumati sopra le mie guance decrepite: “Hai bisogno di sangue ed amore! Io sono qui per questo” - e, senza esitare, mi si gettò addosso baciandomi, decisa, sulle labbra.
Preso di sorpresa, provai a scostarmi, ma lei insistette aumentando la presa. Rimanemmo attaccati ancora per una manciata di secondi poi, sorridendo, Katia si distese sulla sabbia e reclinò la testa mettendo in mostra la giugulare.
Fui assalito da un sottile terrore che mi fece indietreggiare. Non mi sentivo di approfittare della situazione e di rovinare quel momento così bello, di usare violenza a quella creatura incantevole in quella magica notte... ma credetemi, era anche difficile resistere a quella pelle candida e profumata, a quelle forme, a quel collo liscio e tenero...
Fu un attimo! Prima di qualsiasi altro scrupolo, mi ritrovai attaccato al suo collo succhiando in maniera violenta ed ingorda! Sentivo il sangue caldo che entrava in me ed alimentava un dimenticato vigore capace di ravvivare tutte le mie membra fiaccate!
Improvvisamente però, tutto il mio corpo cominciò a contorcersi in preda a dolori atroci, come se milioni di lance roventi mi colpissero ripetutamente. Katia si alzò velocemente e, mentre i suoi occhi si trasformavano in spaventose orbite vuote, sghignazzo’: “Grazie vecchio stupido! Era un po’ che ti tenevo d’occhio. Mordendomi mi hai tolto i supplizi che mi perseguitavano! Ora sei tu l’infetto!... Prova liberarti ora! Prova a trovare un altro vampiro da mordere... se ce la fai!”- detto questo, si dileguò.
Rimasi agonizzante nella sabbia, incapace del più piccolo movimento: sapevo di virus, trasmessi solo fra noi vampiri, capaci di uccidere! Qualcosa di molto più serio dei vostri paletti di frassino, dell’aglio o di altre storielle!... Così come sapevo dell’arrivo in città di altri miei simili dalla Norvegia, dal Portogallo e dalla Turchia... Ed io che speravo in qualche nuovo amico!... Invece erano dei maledetti “velenosi”!
Ma forse meglio così! Il penoso strascicarsi nei secoli, solo ed odiato dagli umani, stava volgendo al termine.
Tra qualche ora i primi raggi di sole avrebbero provveduto a darmi quel clemente colpo di grazia che, a dire il vero, sognavo da tempo.

Edoardo Cicali