Un pezzo alla volta

Vincitore del concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

A sedici anni t’innamori ogni due, e quando tutto finisce, sembra che il cuore fugga su gambe di sangue, sfondandoti il petto.
Dopo i venti è tutto un gioco, e di cuori ne hai dozzine, da lanciare ovunque.
Passati i trenta la guerra è finita; ogni pace è polvere sulle abitudini.
Quello che non puoi prevedere è il processo inverso: avere quarant’anni e innamorarsi a tal punto da convincersi di poter sopportare tutto.

 

- Perderei ogni senso, per starti vicino - aveva detto Luciano, staccando gli occhi dalla strada e tuffandoli in quelli di Claudia.
Lei gli aveva sorriso, languida. Innamorata anche più di così. Tre chilometri più avanti, fra lamiere e corteccia, se n’era andata. Senza di lui.

Il primo fu il gusto.
Ogni cibo gli si accartocciava in gola come cotone bagnato, costringendolo a ingoiare per sopravvivere. Poche settimane dopo perse l’olfatto, ma fu così facile abituarsi che non se ne accorse per giorni.
È lo shock, gli disse l’otorinolaringoiatra, ma non c’era una cura.
Quando fu la volta dell’udito, Luciano aveva appena ricominciato a vivere. Era tornato al lavoro, al bar, al cinema. Così impiegò dei mesi per imparare la lettura labiale, e pianse di rabbia sui suoi dischi, ormai muti.
Una mattina, radendosi, vide un serpente cremisi scendergli dal collo al petto. Comprese quasi subito ed ebbe voglia di uccidersi.
Quando diventò cieco, ci provò. Era passato a malapena un anno.
È un morbo, gli dissero, neuroni che muoiono.
Lui non rispose.
Finalmente aveva capito, e gli sfuggì un sorriso.
Imparò a muoversi dentro la sua cecità, filtrando gli oggetti con la lente dei ricordi. Non si sorprese, il giorno in cui si svegliò privo dell’intero avambraccio.
- Allora ti porterò sempre con me - gli aveva risposto Claudia, quel giorno - dovessi venire a prenderti un pezzo alla volta.

Raffaele Serafini