Piove, ma
non ci faccio caso. Accarezzo la Beretta nella tasca e provo un conforto assurdo.
É per colpa della villa se adesso sono qui. Una residenza piena di quadri preziosi, fra i
quali anche un Edvard Munch autentico. Un tesoro da difendere.
Il pensiero di un antifurto mi aveva fatto ridere. Con la testa che ho me ne sarei
dimenticato in continuazione. Cani? Neanche a parlarne! Ne avevo sempre avuto una paura
maledetta. Poi quel viaggio ad Haiti e quel tipo che...
Alla luce di un lampo sembra che la terra si muova, ma è ancora tutto a posto.
A posto... mi esce un grido che riecheggia lungo i muri del cimitero e poi rimbomba sotto
gli archi delle cappelle gotiche.
Tre, il numero perfetto. Tre zombie sepolti in giardino. Tre non-morti tenuti al
guinzaglio da un amuleto voodoo; guardiani che non si potevano avvelenare né corrompere.
Le cose andavano bene, poi cominciarono i problemi e nel giro di sei mesi scomparvero due
postini. Nessuno sa dove siano andati a finire, anche se qualche sospetto io ce lho.
Un rumore di terra smossa. Afferro la pistola e stringo così forte che la mano sembra
scoppiare; è il momento.
Le dita sbucano come vermi in fuga dalla terra gravida di pioggia. Il palmo della mano si
chiude e riapre più volte, sembra volere afferrare qualcosa. Poi esce il braccio.
Osservo confuso. Alzo la pistola e aspetto la testa. Lo sguardo sfuocato dalle gocce
gelide che si portano via le mie lacrime.
Adesso esce la faccia, ecco mio figlio che rinasce. Un volto bianco, ingessato, due occhi
accesi dodio, luminosi e diafani come fantasmi di luce nella nebbia.
Gli punto contro larma. Sparo, e mi aggrappo al pensiero atroce che questa
mostruosità non è più mio figlio.