L'invocazione

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2008 - edizione 7

Te, o clara caeli Regina, aeterna nobis adiutrix sororque, imploro.
Luca alzò gli occhi e posò lo sguardo dinanzi a sé, nella notte. Assaporò con le mani il cuoio snervato proteggere le dimenticate pagine dell’opuscolo. Ascoltò il vento soffiare lontano, lambire le sue guance e posarsi soffice su di esse.
Continuò a leggere.
Fac ut in Tui conspectum celeriter veniam, quae humanam nationem lacrimis abstines.
Uno spasmo feroce lo percorse. Non ebbe la fermezza di continuare la lettura, né di abbandonarla. Vagò con la mente tra le pieghe del tempo, fino a incontrare l’uomo dagli abiti sporchi, dal viso scavato, dal puzzo di urina. Lo trovò dove l’aveva lasciato quella stessa mattina, all’angolo della strada, inginocchiato a chiedere carità.
Luca si ridestò.
Sdraiato a terra, si contorceva dai bruciori che lo squassavano. Sanguinava dalla bocca. Il vento lo accudiva, respirava con lui, prendendosi cura dei suoi ultimi battiti di cuore.
Tornò con gli occhi sulla strofa.

Te, Mors, tenebrosa mater, aeterna filia, exposco.
Ripeteva i lemmi tra le labbra semichiuse, come con le preghiere di un rosario.
Te, Mors, tenebrosa mater, aeterna filia, exposco.
Te, Mors...
Nel travaglio vide il vecchio e il vento cessò.
- Poche monete per mangiare, mi salverete dalla morte.
Furono le sue parole, ora come allora, giù all’angolo della strada.
Te, Mors, tenebrosa mater, aeterna filia, exposco.
Te, Mors...
- Poche monete per aiutarmi e avere in cambio questo libricino.
Il vecchio scomparve e l’uomo morì.
Una folata s’alzò improvvisa e strappò il messale dalle mani di Luca. Il vento sfogliava le pagine, tutte bianche eccetto una.
Il frusciare della carta suonava come una litania, un’invocazione:
Te, o clara caeli Regina, aeterna nobis adiutrix sororque, imploro.
Fac ut in Tui conspectum celeriter veniam, quae humanam nationem lacrimis abstines.
Te, Mors, tenebrosa mater, aeterna filia, exposco.

Alessandro Napolitano