La prima
coltellata colpì Louise fra le scapole e fu seguita simultaneamente da una seconda alla
base della schiena.
L'esperienza aveva fatto dell'assassino un predatore attento ed accurato: questi due
colpi, se tirati con efficacia, avevano l'effetto di immobilizzare senza uccidere subito.
I polmoni si riempivano di sangue e la vittima cominciava ad agonizzare, lasciandogli
così il tempo ed il piacere di poterla sgozzare in tutta tranquillità.
Perché lì stava il bello: vedere la vita che usciva lentamente dagli occhi della preda,
lo sguardo che si offusca ed il senso di onnipotenza conseguente.
Meglio del sesso o di qualsiasi droga.
Meglio di tutto.
L'assassino sapeva di dover essere attento e prudente nella sua opera: per questo
sceglieva donne sole, non voleva complicazioni di alcun genere quando lavorava.
Né essere interrotto.
Aveva visto la giovane donna in un supermercato aperto ventiquattro ore su ventiquattro
qualche notte prima e l'aveva scelta subito: per la sua pelle bianca quasi cadaverica, per
la sua emaciata bellezza.
L'aveva seguita fino a casa e nei giorni seguenti si era informato su di lei.
Aveva scoperto come si chiamava, che viveva sola e che era affetta da una rara malattia
genetica, la porfiria cutanea grave.
A causa del male Louise doveva evitare ogni contatto con la luce solare pena la comparsa
di bolle ed ustioni su tutto il corpo.
Di fatto era costretta a vivere di notte.
Fu un vero gioco da ragazzi aspettare che Louise uscisse e penetrare nel suo appartamento
per aggredirla.
L'assassino si avvicinò sul giovane corpo prono sul pavimento, sentendo l'erezione nei
suoi pantaloni crescere.
La voltò per finire la sua opera, ma si trovò davanti a qualcosa di sconvolgente: un
sorriso di donna che snudava due oblunghi ed affilati canini.
- Ti sei divertito? - Disse Louise soavemente - Perché ora tocca a me.