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La strada oltre la porta del bar era deserta. John camminava velocemente. Voleva
raggiungere la fermata dellautobus prima che passasse lultima corsa. Non
poteva prendere un taxi, non gli era rimasto più un soldo nelle sue tasche, solo il
biglietto che aveva timbrato un paio dore prima. Aveva speso fino allultimo
centesimo in quel bar. No, non era ubriaco, aveva bevuto qualche birra ma era
perfettamente cosciente. Tutti i suoi soldi se ne erano andati in una stupida
slot-machine. Era la prima volta che giocava dazzardo e forse anche lultima.
Non aveva provato quello che tutti chiamano la febbre da gioco a lui non aveva
fatto nessun effetto, anzi gli era sembrata solo una perdita di tempo oltre che di denaro.
Mille volte meglio spendere gli ultimi soldi della liquidazione in tre o quattro pinte di
birra in più che sperperarli in quel modo. Ma aveva voluto tentare la sorte, in fondo non
aveva più niente da perdere.
John tirò verso lalto il bavero del suo impermeabile e attese. Era giunto alla
fermata dellautobus e secondo i suoi calcoli in tempo per lultima corsa. Alla
sua destra cera un grosso secchio della spazzatura e un cane randagio che rovistava
tra i rifiuti. Alcune auto erano parcheggiate sullaltro lato della strada illuminate
dalla luce gialla dei lampioni. Il palo della fermata era per metà arrugginito e su di
esso vi era appeso un cartello, ma la pioggia degli ultimi giorni lo aveva totalmente reso
illeggibile.
John attese. Attese larrivo dellautobus che presto lavrebbe riportato a
casa. Cosa avrebbe fatto domani? Come doveva affrontare la prospettiva di un nuovo giorno?
Non aveva più un lavoro, non aveva più un soldo, il suo piccolo appartamento era tutto
ciò che gli rimaneva. Rivolse lo sguardo al cielo. Alcune gocce di pioggia gelida
iniziarono a cadere. Si strinse nel suo impermeabile e si voltò nella direzione da cui
sperava di vedere arrivare lautobus. Vide il cane allontanarsi; zoppicava e tra i
denti stringeva qualcosa. La pioggia prese a scendere con maggior intensità. Si girò
cercando un riparo ma decise di non muoversi perché un paio di luci bianche erano in
arrivo. Non poteva permettersi di non farsi vedere dal conducente, non doveva perdere
quellultima corsa. Si sporse in avanti, alzando il braccio destro per segnalare la
sua presenza. Le luci dei due fari avanzavano velocemente sollevando tutto intorno grossi
spruzzi dacqua. John sgranò gli occhi. No, non era il suo autobus, era
unautomobile che aveva iniziato a sbandare paurosamente.
2
Si ritrovò sdraiato a terra con la bocca piena di acqua e fango. Sputò e si asciugo le
labbra con il dorso di una mano. Fortunatamente non aveva perso conoscenza. Sentiva che
tutti i suoi arti rispondevano ai suoi comandi. Limpermeabile era stato tranciato
sul lato destro ma lui stava bene. Si rialzò, lo tolse visto che ormai era inutilizzabile
e lo gettò nel cassonetto. Aveva freddo. La pioggia almeno aveva cessato di cadere.
Lauto non si era fermata. Evidentemente il conducente era scappato, o magari era
talmente ubriaco da non rendersi neanche conto di quello che aveva fatto. Si girò sulla
sinistra. Vide che il cane stava tornando verso di lui e subito dietro, a poca distanza,
finalmente il suo autobus. Questa volta non ebbe dubbi, allungò il braccio e pochi
istanti dopo vide lautobus fermarsi. La porta anteriore si aprì, John entrò.
Lorologio digitale posto vicino il cruscotto del conducente segnava esattamente
mezzanotte. Si guardò intorno, lautobus era vuoto, tranne per un paio di persone
sedute nellultima fila. Il conducente controllò il suo biglietto, era ancora
valido, scadeva fra mezzora fortunatamente.
Mise il biglietto nella tasca dei suoi pantaloni, si avviò verso la terzultima fila e
decise di sedersi lato finestrino. Fuori aveva ricominciato a piovere e le gocce si
infrangevano con forza sul suo vetro. Tutto era nero, solo poche luci ancora accese si
intravedevano dalle finestre di vecchie case. Nessun pedone, nessun cane. Lautobus
era la sola cosa che attraversasse la notte. Non aveva più freddo, lambiente era
riscaldato a sufficienza. Voleva dormire, riposarsi. Il suo appartamento era vicino il
capolinea, tra circa mezzora avrebbe varcato la soglia di casa. Si ricordò
improvvisamente dei suoi due colleghi di viaggio. Si girò e guardò lultima fila.
Ora stavano dormendo. Un vecchio, con una stampella appoggiata al ventre era chino sul
lato sinistro con la testa contro il finestrino. Al suo fianco un bambino gli si era
appoggiato sulla spalla. Indossava un berretto da baseball ed una tuta da ginnastica. John
notò che stranamente aveva ai piedi una scarpa sola. Il vecchio si mosse nel sonno e il
bambino si svegliò di colpo, fissandolo. John si rigirò immediatamente verso il senso di
marcia e il bambino si rimise a dormire sulla spalla del vecchio. Nessuno aveva parlato.
3
Sei mesi prima John aveva perso il lavoro. Non per colpa sua. Anzi era sempre stato molto
attento e scrupoloso in servizio. Lazienda dove lavorava aveva chiuso e licenziato
tutti i suoi dipendenti. Si occupava di software. Era un programmatore molto bravo e
proprio per questo non aveva mai immaginato di non poter trovare un lavoro decente in
seguito al licenziamento, ma in realtà non aveva neanche cercato con molta insistenza,
anzi, aveva iniziato a vivere alla giornata. Prosciugando pian piano il conto in banca e
frequentando sempre più spesso il bar da cui era appena uscito finchè non si era
ritrovato a domandarsi che cosa avesse fatto il giorno dopo, ora che i suoi soldi erano
finiti. Doveva cercare un nuovo lavoro, ma ne aveva veramente voglia? Inclinò la testa
verso il finestrino, chiuse gli occhi e pochi istanti dopo si addormentò. Un sonno breve
e senza sogni.
Il conducente accese la radio e la sintonizzò su una stazione radio che aveva iniziato da
pochi secondi a trasmettere One slip dei Pink Floyd mentre lautobus
continuava ad attraversare la notte.
4
Mezzora dopo John si svegliò di colpo quando lautista frenò bruscamente.
Aprì la porta della sua cabina e annunciò con voce delicata e gentile:
- Siamo arrivati, signori. Siete pregati di scendere.
Il bambino ed il vecchio appoggiato alla sua stampella si avviarono verso la porta
anteriore. Lunica che lautista aveva deciso di aprire. Scesero i gradini e si
persero nella notte. John vide che i due stavano piangendo. Poi guardò fuori dal
finestrino. No, si è sbagliato, questo non è il capolinea questo è il...
pensò, mentre già si dirigeva verso luscita anteriore. La radio aveva iniziato a
suonare Don't fear the reaper dei Blue Oyster Cult. A John piaceva quella
canzone, gli era sempre piaciuta, ma non ora. Incrociò lo sguardo del conducente che
sotto il suo cappello annuì agli occhi interrogatori di John.
Allora gli fu tutto chiaro.
Si girò versò luscita e vide che il bambino e il vecchio avevano gia varcato la
soglia del cimitero. Quellauto non laveva solo sfiorato, laveva centrato
in pieno. Rivolse lo sguardo al conducente il quale, intuendo i suoi pensieri, gli
sorrise. Scese i gradini dellautobus e la porta si richiuse alle sue spalle. Non
doveva più preoccuparsi per cosa avrebbe fatto domani. Perché il suo domani ora era
leternità.
Sono uno scrittore emergente, ho pubblicato il libro "Non più coincidenze". Il mio sito di riferimento è www.fabiocarrozzi.com.