Palazzi
vuoti come nobili decaduti, sono fondali scenografici dalle finestre cieche.
Semafori che lampeggiano, asincroni, con i pochi lampioni ancora funzionanti.
Anche lasfalto screpolato della strada, questa sera è annegato dalleffetto
pioggia.
E come un film girato a Cinecittà negli anni doro del cinema
horror, è la metropoli dopo la fine del mondo.
Sto guidando una Ford Torino del 75, a fari spenti, a denti stretti, a
occhi socchiusi.
Navigo veloce, la periferia alle spalle, linsidioso centro città è ormai prossimo.
Il Rolex mi dice che è tardi: ancora pochi minuti e affamati
zombie cominceranno a sciamare, nel loro consueto rituale.
Quasi percepisco le stolide pulsioni prive di pensiero cosciente: occuperanno le strade
tentando di accaparrarsi fetidi pasti.
E un dejavu, ma io non sono una facile preda.
Accelero, il motore va fuori giri, come in un videogioco, di quelli cattivi.
Salgo sul marciapiede, imbocco scorciatoie contromano, sorpasso a destra, riesco a
sgusciare dove per altri sarebbe impossibile anche solo pensare di poter passare.
I vetri oscurati, mi sento invincibile mentre una musica tosta copre
losceno rumore prodotto dallimpatto di quei corpi putrefatti.
Yes, baby, sono un duro, un figlio di puttana, il giustiziere.
E questi parassiti non meritano nessuna compassione: quasi non valgono le
ammaccature che producono alla carrozzeria e che domani un amico provvederà a
far sparire.
Ma io, IO avrò pure il diritto di farmi un drink e poi una corsa
sulla MIA fuoriserie, dopo una giornata di duro lavoro!
Maledizione! Lindicatore della benzina lampeggia. Accosto ad un
self-service che sembra pulito, ma non faccio in tempo ad aprire
lo sportello che mi sono addosso.
Non hanno a cuore nulla, macchine per uccidere e scappare, dimenticando poi,
spergiurando, negando, giustificando qualsiasi abominio compiuto.
E, cosa da non credere, allo specchio si credono ancora umani.
Loro, i mostri.