La festa della pignatta

I bambini attendevano il loro turno al gioco della pignatta, sbraitando e soffiando nei fischietti argentati e nelle trombette colorate donategli dagli organizzatori della festa patronale del paese. I mocciosi eccitati formavano un semicerchio attorno alla bambina bendata, intenta a colpire la pignatta appesa al sostegno di legno, armata di un lungo bastone. Invano un paio di adulti, in pantaloni di lino e maglietta dell’Associazione donatori di sangue, tentavano di convincerli a non spingere e restare composti. E come ogni anno le loro parole finivano offuscate dalla folla festante. Dietro di loro le mamme spettegolavano incuranti del caldo torrido, fissandosi come ebeti dietro enormi lenti nere di occhiali da sole firmati. Il bastone ondeggiava nell’aria asciutta e ad ogni tentativo andato a vuoto la folla ululava e starnazzava, schernendo la bambina già paonazza in volto per lo sforzo. La pignatta appesa al sostengo di legno penzolava intatta come una testa mozzata, colma di caramelle e coriandoli e frutta secca.
Distaccato dal gruppo, le mani affondate nelle tasche dei calzoncini corti, Miki osservava timidamente la mazza che volteggiava incerta fendendo l’aria d’agosto. La vedeva spiccare sopra le teste degli altri bambini, come un solitario bastone volante.

Non amava quella festa e le grida, il sudore e le mamme eccitate che stampavano baci appiccicosi ai figlioli. Avrebbe preferito restarsene a casa e lanciare la palla a Tobia, il suo fedele pastore tedesco. Si sarebbe accontentato di svolgere i pochi compiti delle vacanze che gli rimanevano pur di stare alla larga da tutti quei clown, con le loro facce bianche e i nasi rossi. Ovunque si voltasse ne poteva vedere uno che distribuiva caramelle e stelle filanti. Quel terrore era dovuto probabilmente da quel film che aveva visto, quel pagliaccio che regalava palloncini colorati ai bambini e poi li trascinava nei tombini.
Miki desiderò tremendamente di tornare a casa.
Il primo grido scoppiò qualche minuto dopo. Tra un gruppetto di genitori distaccato un uomo stava aggredendo una signora strappandole a morsi brandelli sanguinolenti dal braccio adiposo. La donna stringeva un ombrello per ripararsi dal sole che lanciò per aria mentre tentava invano di divincolarsi dalle fauci del pazzo. In pochi notarono i vestiti incollati e marci che indossava l’uomo, o il colore del suo viso, verde come acqua di palude. Una ragazza si mise ad urlare mentre il resto delle persone si spintonava e correva, alcuni vomitavano, e per un istante Miki credette di vivere uno dei suoi incubi. Si voltò di scatto per scappare ma incocciò nello sceriffo Jackson che proveniva dalla parte opposta e gli rovinò sopra, sotterrandolo. Il peso dell’uomo lo schiacciava, ma poté ugualmente sentirne le urla di dolore. Cercò di alzarsi ma la pressione della corpulenta legge gli stroncava il respiro mentre un indescrivibile puzzo di carogna gli invase le narici. Riuscì a divincolarsi in qualche modo aggrappandosi all’erba del prato e scavando con le dita nella terra secca, con le gambe spinse verso l’alto per inarcare abbastanza la schiena dello sceriffo tanto da scivolare fuori. Rotolò verso destra senza badare alla pistola abbandonata dello sceriffo e quando alzò gli occhi vide un uomo seduto sulla pancia di Jackson. Aveva i vestiti a brandelli e inzuppati di fango rinsecchito e reggeva il viso del suo pasto con le mani giunte, come se racchiudessero un calice. Non badò a Miki mentre affondava i denti della faccia di Jackson.
Più in là, una donna priva di un braccio si stava cibando affannosamente della bambina bendata mentre la pignatta le sovrastava, intatta e custode di golose leccornie. Miki ripartì di corsa proprio mentre lo sceriffo Jackson si rialzava, morto e affamato.
Sentiva i muscoli delle gambe atrofizzati e il sudore gli disegnava strane forme sulla maglietta e non si voltò neanche una volta per guardare.
Poi il mondo si spense.

 

- Abbiamo finito con il numero 506? Muoversi, dannazione, di là c’è una coda che inizia dalla macchinetta del caffè!- urlò concitato il responsabile di reparto “RP2”.
- Ma signore, non siamo forniti di una macchina per il caffè espresso - rispose placido l’inserviente per i collegamenti mentali “CM14”.
- Era un modo educato per incitare voi CM a darvi una svegliata - rispose senza ironia RP2 - abbiamo finito con il ragazzo?-
- Sì signore, lo stanno scollegando. Ha simulato per mezz’ora. Una festa paesana, se non vado errato.-
- Bene. Il responso? - domandò RP2
- Direi positivo, si è divincolato con discreta capacità motoria e ha mantenuto un sufficiente battito cardiaco. Non ha evidenziato crolli fisici, e questo è un dato positivo. Gli altri due soggetti testati prima di lui sono svenuti dopo essersi orinati nei pantaloni - rispose adeguatamente CM14.
- La pistola?-
- Non l’ha utilizzata, credo non ci abbia neanche pensato. Tengo a sottolineare che il soggetto ha soltanto sette anni. -
- Certo, certo - tagliò corto RP2 - ma dobbiamo affrettarci, per questa settimana hanno ordinato mocciosi dai sei a dieci anni e li vogliono tutti preparati. Ho sentito che li faranno giocare in un labirinto al centro di uno stadio, disseminato di zone segrete e nascoste dove potranno prelevare delle armi, naturalmente se ne avranno il tempo e il coraggio.
- Capisco signore. -
- Non vedo l’ora di godermi quei morti viventi vagare per i corridoi dell’arena, vederli fiutare l’aria in cerca di quei ragazzini spaventati... vale tutto il prezzo del biglietto!
- Certo, signore. -
- Ehi ragazzo, cosa sarebbe quella faccia pallida?- tuonò RP2 - non vorrai dirmi che sei nuovo qua. -
- In prova da due giorni, signore - rispose con la voce roca CM14.
- Bene, mi sembri uno in gamba, ma non farti prendere da facili sentimentalismi. Questi sono tutti soggetti con un piede nella tomba, comprendi? Abitanti del settore 05, dei poveracci malati e destinati ai campi di raccolta. E sai cosa succede nei campi di raccolta, vero?
- Sì, signore. Chi viene deportato nei campi di raccolta è automaticamente eliminato. -
- Bravo ragazzo, così mi piaci. Siamo tutti qua per svolgere il nostro lavoro. E’ un compito duro, ama qualcuno dovrà pur farlo, non credi? -
- Sì, signore. -
- Molto bene. Dopotutto gli diamo una possibilità di salvarsi. Ho visto con i miei occhi uno di quei nanerottoli spuntare sul traguardo, tutto inzuppato di sangue di zombie. Reggeva ancora l’ascia che aveva racimolato lungo il percorso. Ed era il 2235! Con il passare degli anni sono cambiate le regole, ora gli forniscono addirittura armi da fuoco ed è compito nostro addestrarli. -
- Sì, signore. Concordo in pieno.-
- Molto bene ragazzo. Ora vai che sei in pausa... ancora una cosa, CM14. Voglio che il numero 506 impari ad usare quella dannata pistola, sono stato chiaro? -

Marco Cattarulla