Zoldan guida per le vie della città frequentate da prostitute.
«Oggi ho voglia di femmina».
Ne trova una che sembra fatta al caso suo. Accosta. Abbassa il finestrino e la invita a salire. Ha un vestito che sembra un fazzoletto. Occhi azzurri, gambe lunghe e affusolate.
Si infila in una stradina secondaria, si ferma in una radura. Spegne il motore, si volta verso di lei.
«Sei pronta per cominciare?»
La prostituta annuisce.
«Togliti il vestito».
Esegue. Mette in mostra la pelle color latte, i capezzoli rosei inturgiditi dal freddo.
Zoldan sbava.
Spalanca la bocca.
I denti si ritirano e al loro posto crescono fauci taglienti come lame. Le palpebre si ritirano, i bulbi oculari si venano di violaceo, escono dalle orbite attaccati a dei sottili tentacoli. Lei urla, prova ad aprire la portiera.
«Bloccata, signorina, mi spiace».
Zoldan immobilizza la testa con le ventose cartilaginee che gli sono spuntate al posto delle mani, affonda le zanne nel cranio, apre la calotta come una latta di fagioli, si ciba del cervello.
Finito il pasto, Zoldan subisce una trasformazione. Gli cresce il seno, gli occhi ritornano al loro posto, si tingono di azzurro, le gambe nerborute e pelose lasciano il posto a un bel paio di cosce.
Getta il cadavere nella sterpaglia, mette in moto e torna a casa dentro un cappotto da uomo più grande di due taglie.
Prende un vestito dall'armadio. Ne ha di tutti i tipi e di tutte le misure. Ne trova uno attillato, con la scollatura. Ormai sono anni che vive qui e ha collezionato una sacco di roba, grazie alle sue prede. Sa che ai maschi piace vedere queste cose. E a lui piacciono loro. In realtà, da quando è atterrato su questo pianeta, non ha trovato un tipo di umano che non gli piaccia.
Deliziosi.