Vacillando
sugli arti di legno, il ragazzo percorse dalla cucina uno stretto corridoio fino al
salotto. Si accostò alluomo seduto in poltrona, la testa affossata fra le spalle,
gli occhi fissi in un punto imprecisato della parete di fronte. Gli poggiò una mano sul
ginocchio e rimase a guardare il suo viso emaciato.
- Papà - disse infine con voce pacata, - è ora di andare.
Luomo sembrò non sentire. Restò immobile sulla poltrona, lo sguardo assente.
- Dobbiamo andare, papà - ripeté più forte il ragazzo.
Ma neanche stavolta le parole produssero il minimo effetto. Allora il ragazzo, dopo avere
afferrato il padre per un braccio, tirò a sé con tutta la forza.
Pur continuando a fissare la parete di fronte, luomo si alzò dalla poltrona, e si
lasciò docilmente guidare fuori di casa.
Padre e figlio camminavano adagio, luno al fianco dellaltro, lungo il
marciapiede deserto nel caldo meriggio di agosto.
Il ragazzo reggeva con la destra una borsa di cuoio, mentre teneva la sinistra nella mano
delluomo, la cui fronte, solcata da una miriade di rughe, sembrava un campo riarso.
Laria era afosa e irrespirabile, ma nessuno dei due pareva soffrirne. Procedevano al
sole, piuttosto che allombra dei pioppi che fiancheggiavano il margine opposto della
strada.
Camminarono circa mezzora: luomo rigido nella figura, quasi un automa; il ragazzo
che barcollava penosamente sulle gambe di legno.
Giunsero a un tratto solitario dellampia campagna che circondava il paese.
- Ecco - disse il ragazzo lasciando la mano del padre, - credo che qui vada bene.
Rimase un istante a guardare il cielo, gli alberi, i campi ondulati fino
allorizzonte; poi ripeté, più convinto:
- Credo che qui vada bene. È un posto tranquillo. Non cè traccia di uomini
intorno... Che ne pensi, papà?
Luomo non rispose, ma per la prima volta si volse a guardare suo figlio, mentre una
brezza leggera gli scompigliava i capelli, soffici e radi, sulla fronte.
- Non vuoi sederti? - disse il ragazzo afferrando il braccio del padre e tirando verso il
basso.
Un amaro sorriso distese le sue labbra.
- Ti ricordi - aggiunse, - quando con noi cera la mamma? Tutti e tre sedevamo fra
lerba, possibilmente allombra di un albero. Pranzavamo in campagna in questo
giorno di agosto, come se fosse una speciale ricorrenza... Penso che ormai lo sia per
davvero.
Trasse un lungo sospiro, poi batté un colpetto sulla mano del padre, che intanto si era
seduto accanto a lui.
- Quante pietanze prelibate sapeva preparare la mamma! - continuò il ragazzo con
rimpianto. - Io non posso che offrirti la solita cosa. Mi dispiace! Non sono capace di
altro.
Sospirando scrollò la testa più volte. Poi aprì la borsa di cuoio e ne trasse una
piccola torcia impregnata di pece. Laccese e la porse a suo padre.
- Sei pronto a cauterizzarmi?
Luomo, che ora mostrava di essere cosciente, prese la torcia ed emise dei suoni
gutturali, che forse volevano dire, nel suo linguaggio, di essere pronto.
- Bene! - fece il ragazzo.
Tirò fuori dalla borsa del nastro adesivo, delle bende e un grosso coltello da cucina
dalla lama seghettata.
- Certo la mamma sapeva preparare dei buoni mangiarini! - disse di nuovo. - Ormai è
inutile pensarci. Posso anchio prendermi cura di te in questo giorno. Ma tu non
essere triste, ti prego. Non è stata colpa tua se la mamma è morta in
quellincidente stradale. Hai fatto di tutto per salvarle la vita. Hai perfino
rischiato di perdere la tua.
Tacque un istante e rimase a fissare il viso del padre. Poi continuò:
- Riesci a sentirmi? a capire ciò che ti dico?... Devi reagire in qualche modo, tornare
ad essere quello di prima: pieno di entusiasmo e di energia. Mi dà sofferenza vederti in
questo stato.
Gli occhi delluomo guardavano lontano, verso le chiome di querce secolari che, ai
margini della campagna, sembravano immani giganti.
Chissà che pensieri attraversavano in quellistante la sua mente! Ammesso che
fossero pensieri.
- Ascolta, papà - fece dun tratto il ragazzo. - Delle mie gambe è rimasto ben
poco.
E bussò con le nocche della mano sugli arti di legno, che mandarono un sordo rumore. Poi
si guardò le braccia, la pancia e ispezionò il resto del suo corpo. Sembrava cercare
qualcosa. Con un lieve sorriso, si arrotolò lentamente una manica della camicia fino alla
spalla.
- Oggi cominceremo il mio braccio sinistro - disse alla fine. - Ti piacerà, vedrai!...
Sicuramente è molto più tenero e dolce delle gambe.
Fece una carezza sul volto del padre, quindi, senza aggiungere altro, affondò la lama del
coltello nella carne viva dellavambraccio e prese a tagliarne una fetta.
Il suo viso era impassibile, quasi una maschera che non tradiva alcuna emozione... alcun
segno di dolore.
Sangue copioso zampillò dalla ferita, macchiando di rosso il verde del prato.