Quando
dissero a Stefano che probabilmente sarebbe morto entro sei mesi, aveva circa trentasei
anni.
Loncologo che gli diede il triste annuncio teneva gli occhi fissi nei suoi, da
persona abituata a dover gestire con tatto questo genere di notizie. Reggeva una
cartellina di colore giallo, con il nome scritto a pennarello sulla parte alta della
copertina., contenente i risultati di tutte le sue analisi: tac, risonanza magnetica
nucleare, analisi del sangue, esame istologico. Tumore, e della peggior specie, aggrappato
come un malefico parassita tra il fegato e il pancreas, a nutrirsi di cellule sane.
Stefano si accasciò distrutto sulla sedia di fòrmica nellufficio del medico, tutti
i suoi sogni, le sue speranze, i suoi progetti stavano dissolvendosi in un futuro fatto di
sofferenze e lenta degenerazione.
Tutto era iniziato circa un anno prima, quando Stefano, brillante ingegnere aerospaziale,
stava lavorando alla schermatura esterna di un satellite per telecomunicazioni esaurito e
recuperato dalla stazione orbitante, prelevando campioni della corazza protettiva rimasta
esposta per anni al vuoto cosmico. Mentre a lavoro ultimato stava catalogando i campioni,
trascrivendo su delle etichette autoadesive gli appunti presi precedentemente e numerati
con un codice di identificazione relativo a una immaginaria griglia apposta sulla
superficie del satellite, aveva sentito come una stilettata sul fianco destro, in
prossimità della zona dove si trova la flessura epatica. Il dolore, seppur lancinante,
era durato pochi attimi, e si era dissolto così come si era manifestato. Stefano lì per
lì, ancora con le lacrime agli occhi per il dolore, aveva attribuito il fatto
allinfiammazione del colon di cui soffriva da tempo, ripromettendosi al più presto
di farsi controllare dal medico di famiglia. Tale promessa era stata naturalmente
disattesa anche se più volte aveva ricordato il fatto, ma gli impegni di lavoro, lo sport
e la famiglia non gli avevano concesso il tempo necessario, o meglio, gli era decisamente
mancata la volontà di trovarlo.
In seguito cominciarono a verificarsi eventi che gli diedero da pensare; infatti spesso,
durante la notte, si svegliava sudato e tremante come di ritorno da un incubo mostruoso,
oppure aveva dei momenti di debolezza improvvisa, accompagnati da vertigini e emicrania.
Quando cominciò a presentarsi un dolore sordo e pulsante al fegato decise di sottoporsi a
un check up completo per scoprire le cause del suo malessere. Fu radiografato, sottoposto
a prelievi di sangue e di tessuti, fu introdotto allinterno di macchinari
dallaspetto inquietante e dal rumore assordante. Infine il responso, freddo,
mortale. Il medico gli propose di sottoporsi a controlli regolari per tenere sotto
controllo lo sviluppo del male, ma non gli diede speranze: inoperabile.
Stefano visse per alcune settimane in completo isolamento, cercando una fede che non
possedeva e un aiuto che non poteva avere. Neanche la vicinanza della compagna riusciva a
alleviare lo stato di sofferenza mentale in cui versava, meditò più volte il suicidio,
dissuaso solo dallo stato di gravidanza della sua donna. Sperava di riuscire almeno a
veder nascere suo figlio, poi avrebbe chiuso gli occhi in pace.
Rassegnatosi allinevitabile cercò per quanto possibile di condurre
unesistenza serena, sottoponendosi regolarmente a esami diagnostici, solo per vedere
che il suo tumore cresceva con un ritmo impressionante.
Loncologo lo contattò in settembre, per chiedergli di ripetere le analisi del
sangue. Alla richiesta del motivo, il medico rispose che il responso parlava di un calo
improvviso e molto marcato dei livelli ematici del ferro, ingiustificabile se non da una
copiosa emorragia, che Stefano non aveva avuto.
- Stefano, sei sicuro di non aver notato perdite di sangue, anche nellorina o nelle
feci? Il livello del ferro nel tuo sangue si è abbassato in maniera preoccupante.
Dopo un attimo di riflessione Stefano rispose che era sicuro di no. Allora il medico gli
consigliò un breve ricovero per lesecuzione di analisi specifici. Fu ricoverato in
ospedale e piazzato su sua richiesta in una stanzetta singola, dove venne tenuto per
qualche giorno. Infine il dottore si presentò di primo mattino, prima della colazione.
Prese una sedia e si sedette a gambe divaricate in fondo al letto guardando il suo
paziente con aria dubbiosa.
- Senti, cè qualcosa che non va. Sembra che dal tuo sangue e dal resto dei tuoi
tessuti stiano sparendo tutti i metalli. Calcio in calo, potassio pure, per non parlare
del sodio. In più lecografia indica una abnorme crescita del tumore in queste
ultime ore, si stà espandendo, assumendo una strana forma globulare, un centro quasi
sferico circondato da una serie di appendici. Sono molto preoccupato, non ho mai visto
niente di simile.
Stefano era atterrito, la situazione stava precipitando, il momento che aveva nascosto in
un angolo della sua mente per tutti quei mesi stava per arrivare. Cominciò a piangere,
dapprima sommessamente, poi con sempre maggior trasporto, fino a essere scosso dai
singhiozzi, torcendosi le mani. Fu appunto in quel momento che il medico gli disse: -
Stefano, che hai fatto alle mani?
Dove portava gli anelli, quello ricevuto per la laurea e quello che gli aveva regalato la
sua donna, cerano dei cerchi bluastri, come degli edemi. Gli anelli erano spariti.
- Qualcuno deve avermeli rubati durante la notte, mentre dormivo, lasciandomi questi segni
nello sfilarli.
- Stefano, questo è impossibile, avresti dovuto svegliarti, per provocarti degli edemi
del genere avrebbero dovuto stringere con forza, causandoti non poco dolore. Questo è
veramente strano. Comunque più tardi ti faremo una biopsia per verificare lo sviluppo del
tumore.
Il medico si accomiatò con un lieve sorriso di incoraggiamento, lasciando Stefano a
meditare sugli avvenimenti. Il dubbio del furto lo inquietava, pensare che anche in un
reparto di cure palliative ci potesse essere qualcuno dedito al rubare, riempiva di
ulteriore amarezza anche quei momenti tragici.
Dopo pranzo il medico lo mandò a chiamare per lesecuzione della biopsia e lui si
recò in bagno per darsi una rinfrescata. Si tolse la giacca del pigiama e si accorse,
guardandosi nello specchio, che anche la catenina era sparita. Al suo posto un segno
bluastro, quasi come un macabro tatuaggio, un livido lungo e sottile che gli circondava il
collo. Improvvisamente tutto il suo mondo iniziò a ruotare sempre più vorticosamente, si
sentì mancare le forze e finalmente labbraccio dellincoscienza lo avvolse
come un fresco sudario.
Si risvegliò su un lettino operatorio, debolissimo e con un dolore lancinante al ventre.
Nonostante la debolezza, gli spasmi di dolore erano così violenti che il personale medico
fu costretto a assicurarlo al letto mediante delle robuste cinghie. La sensazione del
freddo metallo sui polsi e sulle caviglie gli dette un momentaneo stato di torpore,
placandogli inspiegabilmente i dolori. Perse di nuovo conoscenza.
Il medico e gli infermieri erano inorriditi, il corpo di Stefano si
stava improvvisamente ricoprendo di pustole rossastre trasudanti sangue scuro, la pelle si
andava progressivamente raggrinzendo. Gli infermieri stavano tentando di girarlo su di un
fianco, per facilitargli lespettorazione dei liquidi che sentivano gorgogliare nella
sua gola, quando il medico si accorse che la schiena del suo assistito era punteggiata di
minuscole sferette nerastre, che lentamente penetravano nella pelle lasciando al loro
passaggio un piccolo livido blu. Decise di prelevarne una per effettuare una analisi
microscopica, angosciato dal sospetto che si potesse trattare di qualche strano parassita
sconosciuto. Una volta adagiata su di un vetrino, la micro sferetta apparve con chiarezza
come una piccola, argentea goccia di mercurio, o di un qualche altro metallo fuso. Il
corpo di Stefano stava assorbendo metallo!
In quel mentre un grido strozzato provenne dalla vicina sala operatoria: - Dottore! Venga
presto!
Percorse in pochi balzi i metri che lo separavano dalla sala per trovarsi davanti a uno
spettacolo allucinante: la pelle di Stefano si stava letteralmente sciogliendo, gli occhi
sbarrati erano un muto grido di angoscia e dolore, le mani spasmodicamente serrate sulle
sponde metalliche del letto, le nocche biancheggianti dove la carne si disfaceva. Ma la
cosa più angosciante era che il metallo sotto le mani si liquefaceva, venendo assorbito
dal corpo. Le vene erano diventate argentee, e la struttura indebolita del letto
cominciava a cedere.
Il disfacimento fisico dellormai defunto paziente cominciava a evidenziare la
presenza di una massa globulare nella zona addominale, un orribile feto che si muoveva nel
suo innaturale utero alla ricerca della libertà. Il personale ammutolito osservava la
scena incapace di reagire a tanto orrore, quasi attendendo in modo fatalistico il
compiersi di una nascita tanto oscena.
Infine il letto crollò ridotto a un misero mucchietto di pezzi, con le parti di plastica
in netta evidenza sopra, e sotto le lenzuola intrise di maleodoranti fluidi corporei
degenerati. Dalla carcassa del povero giovane emerse uno scintillante globo di metallo
argenteo, solcato da venature scarlatte e irto di tentacoli simili a umidi lombrichi vivi
ma metallici. Dopo un attimo di esitazione, guidato da un istinto inspiegabile, si spostò
in direzione delluscita muovendosi sulle appendici ora adattatesi al ruolo di zampe,
producendo un angosciante ticchettio. Il medico e due infermieri riavutisi dallo shock si
pararono davanti alloscena creatura, con lintento di catturarla o ridurla
allimpotenza in qualche modo. Si avvicinarono incerti, chi brandendo un bisturi o
una pinza, chi semplicemente una pezza di stoffa da gettare addosso a quell'orrore. Si
udì uno strano rumore soffiante e i tre caddero a terra contorcendosi per il dolore e
portandosi le mani alladdome, in prossimità del fegato. La creatura uscì dalla
sala operatoria e scomparve.
Si udirono urla di dolore e di terrore lungo il percorso della mostruosità, poi cadde il
silenzio.
Nella sala operatoria i presenti si guardarono atterriti, consci di quello che era appena
successo.
Nuovi semi erano stati piantati, una nuova era stava iniziando dopo l'era del Carbonio:
l'era del metallo.