Canidia
serrò le gambe per sottrarsi alla morsa del demone, rotolò su un fianco e sgusciò fuori
dalla cripta. Con ancora addosso il fetore di cancrena di quella oleosa creatura, corse
lungo la navata centrale della cappella del cimitero. Attraverso i mosaici delle finestre
la luna le apparve schiumosa come lultimo dei suoi filtri. Inciampò e cadde. Non
ebbe il tempo di rialzarsi, perché quellinforme creatura le afferrò i capelli e la
trascinò sul prato, poi con un artiglio uncinato le strappò quel che restava
dellabito nuziale. Alle sue urla un branco di lupi accorse e le si strinse intorno a
cerchio, ma non intervenne a fermare il rito. Ringhiarono, ma il demone cosparse
durina il corpo della strega e sputò in terra. Impauriti i lupi indietreggiarono,
scomparendo sulla collina e Canidia restò del tutto sola col suo sposo.
- Ferma, signora dei cani, perché ciò che sta per compiersi pretende adorazione e
preghiera.
Canidia tremava mentre si lasciava dominare. Unombra di pentimento le oscurò il
volto: aveva danzato per lui, costruito un altare e lui aveva davvero risposto al
richiamo. Tentò di respingerlo, ma il furore dellavido demone era incontenibile:
non conosceva argine. Allora Canidia obbedì e lo lasciò entrare. Piantò le mani a
terra, cercando lestrema salvezza nel dubbio: - Chi mi assicura che colui che ti
manda è davvero il re dellInferno?
La bestia le strinse il collo e le soffiò in bocca parole sudate: - E giunta
lora del trionfo delle tenebre.
Il ventre di Canidia, ubbidiente, traboccò dinferno. La cosa si sciolse in lei,
lasciandola stordita e preda della paura di una sensazione che laveva sopraffatta,
nel momento in cui si era vista perduta: piacere.
Si alzò sulle ginocchia, si strofinò sul corpo mucchi di umida terra e si trascinò fino
a casa. Aveva sulle labbra ancora un sapore di muffa misto a vomito, ma non bevve nulla.
Si avvolse in una sudicia coperta e si rannicchiò in un loculo. Per un po di giorni
non avrebbe ricevuto clienti.