Cè
una leggera brezza che sento sulla pelle, una brezza che trasporta aromi di primavera. Da
queste parti gli inverni sono freddissimi e spesso con larrivo della neve
riaffiorano vecchi ricordi che per tutto lanno pensavo aver chiuso nel cassetto del
dimenticatoio. Non ho vissuto sempre qui. Un tempo ero un cittadino modello, mi perdevo
nel chiasso assordante della mia metropoli assaggiando tutto lo smog che rendeva
laria spessa come legno. Mi chiamo Dylan Aston, oggi ho quasi 74 anni e guardo il
mondo da qui, River Castle, un piccolo pezzo di terra immerso nei boschi freddi e
incontaminati. Presi questa piccola casa di legno ben 25 anni fa, la ristrutturai e la
immaginai come la mia fuga dalla routine. Fu questo, ma fu anche molto altro.
Quando la comprai, durante i primi giorni che passai qui, mi venne a far visita un vecchio
contadino che alloggiava da queste parti, Luke, sì, doveva essere questo il suo nome. Per
accedere alla mia casa ci sono solo due vie, uno strettissimo sentiero di montagna e il
lago e quindi una piccola imbarcazione.
Luke giunse a piedi, ero solo quel giorno, mia moglie Natalie era rimasta in città a
sbrigare alcune pratiche.
- Pensa di aver fatto un ottimo acquisto, non è vero?
Mi girai come se un fantasma fosse apparso improvvisamente alle mie spalle.
Lo scrutai bene, un anziano signore segnato dal freddo e dai campi. Usai tutte le risorse
di buona educazione che avevo.
- Mi scusi, lei è?
- Io sono Luke, e vivo qui da quando sono nato!
- Ok... in cosa posso esserle utile?
- Perché ha preso questa casa?
- Forse perché mi piaceva? Insomma, cosa cè che non va?
Lanziano non rispose, e ricordo come fosse oggi che durante quel breve dialogo il
tempo cambiò improvvisamente. Il cielo che fino a qualche istante prima era azzurro come
pittura su una parete divenne improvvisamente nero, colmo di nuvole. Il vento incominciò
a soffiare forte, trascinando foglie e piccoli oggetti che si trovavano adagiati sul
terreno.
Dovetti coprirmi più volte gli occhi per evitare che qualcosa ci finisse dentro. Ma la
sensazione più sgradevole fu il freddo improvviso che percosse la mia pelle e mi fece
rabbrividire come se mi trovassi nudo sotto la neve. Durante quei momenti pensai solo ad
un repentino cambio del tempo e a nulla più.
- Senta, io rientro, le serve qualcosa?
- Venga a trovarci tutte le estati che vuole, ma stia lontano negli inverni freddi, stia
lontano!
- Gli inverni freddi? Senta, io penso di venire qui ogni volta che ne avrò voglia, il
freddo non mi spaventa, me la so cavare da solo!
- Addio!
Disse il vecchio.
Mi lasciò sulla porta di casa senza aspettare nemmeno il mio saluto. Che persona strana
pensai, che persona strana.
Adesso gli inverni non fanno più paura.
Sono solo dei cambi di stagione, passaggio dal freddo al caldo e viceversa. Ma prima, o
meglio, il primo inverno che passai qui, fu un incubo ad occhi aperti, fu linverno
in cui smisi di credere al tangibile e iniziai a capire che il mondo era composto anche da
cose eteree ed impensabili.
In città ero un architetto. Sulla cresta dellonda per parecchio tempo. Feci tanti
soldi e questo mi permise molti acquisti di classe, come questa casa e soprattutto di
poter lasciare la vita cittadina come e quando volevo, senza ripercussioni sul mio modo di
vivere.
River Castle mi affascinava, era un puntino invisibile sulle cartine, un luogo dove la
natura dominava incontrastata e dove le sue leggi erano le leggi degli uomini. Dove io ero
lospite e io ero lintruso.
Giungemmo qui a metà dicembre. E già la neve dominava ogni dove. I boschi, che ricordavo
verdi, erano tutti incappucciati. Coperti da manti bianchi che facevano sembrare il
panorama unenorme distesa di zucchero filato.
Avevamo deciso, io e mia moglie avremmo passato linverno lì, ci saremmo goduti la
casa, la fauna e un inverno come lo sognavamo da tempo.
Natalie aveva arredato tutto di testa sua, e io lavevo lasciata fare, lei era
unarredatrice, inutile dire che lavoravamo sempre a stretto contatto.
La casa era su due piani, più un piccolo garage che in caso di bisogno si poteva
addobbare a cantina. I primi giorni furono sereni. La pace che mi trasmetteva quel luogo
non era descrivibile a parole. Quando la mattina mi alzavo e dalla finestra vedevo le
montagne bianche e gli animali che giocavano nella neve mi sembrava essere divenuto parte
di una favola per bambini, una di quelle che mi raccontava sempre mia nonna.
Era qualche giorno dopo Natale. Io ero sul divano a guardare la tv, Natalie in cucina, a
lavare alcuni bicchieri che avevamo usato per il vino.
Un urlò ruppe la pace. Poi il rumore del vetro in frantumi sul pavimento di legno.
Abbandonai il divano e di corsa raggiunsi la cucina. Era tutto normale, almeno questo era
la mia sensazione. Natalie era vicino al lavello, i bicchieri rotti in terra e il viso
atterrito.
- Amore chè successo?
Inizialmente non rispose, i capelli biondi che le scendevano sulle spalle e due ciocche
rosse che le ornavano il viso sconvolto.
- Amore?
- Ho visto qualcosa!
Disse, quasi impaurita, quasi sottovoce.
- Dimmi, cera qualcuno fuori?
Ancora senza risposta, solo un fremito sulle sue labbra, la mano sinistra tremava
visibilmente, lansia la stava assalendo.
Labbracciai, tentando di calmarla e regalarle il calore di cui aveva bisogno.
Ci sedemmo nel salotto e i primi minuti furono di assoluto silenzio.
- Due occhi rossi mi stavano fissando da fuori, poi ho visto la faccia... o Dio, un
mostro!
Poche parole sconnesse. Mia moglie non stava mentendo e non era il vino, era sconvolta.
- Stai qui, vado a dare unocchiata fuori!
- No... resta qui, non andare fuori, è buio, vediamo domattina!
- Vediamo domattina? Se cè qualcuno là fuori dobbiamo capirlo ora!
Non rispose. Lei avrebbe voluto dirmi di lasciare stare, che forse era stata solo la sua
immaginazione, ma non potè, sapeva quello che aveva visto e dopo alcuni tentennamenti mi
lasciò andare.
- Amore, aspetta qui, chiudi la porta e se non torno tra mezzora chiama la polizia!
- Vengo anchio!
- Ma non puoi...
- Ho paura di stare sola in casa!
Che occhi che aveva mentre mi diceva quelle cose. Che cosa diavolo aveva visto? Cosa
cera lì fuori? Era freddo da morire nella notte e ricordo ancora la prima cosa che
pensai appena uscito, di rientrare subito in casa. La poca luce era figlia delle lampadine
fuori lingresso. Per il resto il lago e il bosco sembravano coperti da un sottile
strato di stoffa nera. Torcia, cappello, mazza da baseball. Sembravo un pazzo alla ricerca
di qualche fantomatico tesoro.
Avevo limpressione che ci fossero miliardi di occhi ad osservarmi, dai cespugli,
dalle cime degli alberi. Ogni mio passo era monitorato, ogni mio gesto seguito. Andai
sotto la finestra della cucina. Impronte di animali, niente più.
Il bosco si mosse. Questa fu limpressione che ebbi. Si mossero le foglie, il vento
tra gli alberi, il bosco respirava e ansimava e mi trascinava verso di lui. Vidi qualcosa
nellombra. Una figura molto più alta di me, due braccia lunghe che quasi toccavano
in terra. Sembrava avere dei rami al posto delle braccia, ma dallombra questo fu il
massimo che riuscii a capire. La paura mi immobilizzò, cercai risorse dentro me che non
avevo e per poco non svenni. Poi ancora lurlo di mia moglie. La finestra rotta e
unaltra di quelle figure che volava fuori dalla finestra. Tra le sue braccia mia
moglie priva di sensi. Scomparvero nel bosco. E adesso il bosco reclamava anche me.
Girai lo sguardo per rivedere lombra, era sparita. Adesso un lieve canto si era
alzato tra gli alberi.
Lupi ululavano e il vento piangeva la sua disperazione contro i rami di tronchi secolari.
La fauna si illuminò tenuemente, la neve sembrava luccicare e il vento spingermi con mani
invisibili. Il buio divenne meno denso e riuscii ad orientarmi senza cadere al suolo.
Giunsi ad una caverna, o forse era una vecchia miniera abbandonata. Le urla che
provenivano dallinterno erano alte e roche. Un branco di lupi mi circondò, quasi
costringendomi ad entrare. Cerano scheletri appesi a testa in giù. Su un lato una
piccola montagna di teschi. Puzzava, e laria che entrava nei miei polmoni faceva
quasi fatica ad uscire. La luce blu della luna si mescolava con un ingegno machiavellico
ai colori della caverna. A tratti mi sembrava di galleggiare, di non essere più padrone
del mio corpo. Vidi Natalie appesa per le mani. Stordita ma viva. Cercai di liberarla. Poi
qualcuno si mosse alle mie spalle. Cerano figure tangibili intorno a me e altre
meno, esseri visibili e altri solo a volte. Le creature con i rami al posto delle braccia
erano completamente bianche, o almeno questo era il colore che assumevano sotto la luce
lunare. Cerano diversi fori nella caverna che permettevano lingresso di luce
naturale. Quando tentai di usare la torcia, con un veloce movimento me la tolsero di mano.
Non volevano farsi vedere, non in modo dettagliato.
Mi parlarono, forse attraverso il pensiero. Sicuramente senza muovere le labbra
rinsecchite che decoravano le loro teste lunghe e strette. Cerano mille personalità
differenti in quella grotta, nellincredulità totale che mi portò a confondermi
sino a non capire più nulla, distinsi degli esseri umani con la testa di lupo, vidi cervi
con mani e piedi, vidi uccelli con due teste e uomini fatti di corteccia.
Mi risvegliai immerso nella neve. Febbricitante e pieno di dolori. Mi bruciava il petto e
solo a casa vidi una strana incisione marcata a fuoco. Una croce, che occupava gran parte
del torso, con degli strani simboli che ancora oggi ignoro.
Ora linverno non fa più paura. Da quella notte non è successo più nulla. Anche se
mia moglie Natalie, scappò via, e io, come spinto da qualcosa, non riuscii più ad
abbandonare questa terra.
Dopo qualche anno Natalie chiese il divorzio. Oramai non ci vedevamo più. Io sempre qui,
lei sempre lontana da qui. E adesso... beh, 24 anni si solitudine. Quella notte gli
spiriti del bosco mi fecero una specie di iniziazione. Non so perchè ci risparmiarono.
Non so perché solo io mi ritrovai tatuato. Provai a cercare il vecchio Luke, ma sembrava
non esistere.
Adesso, quando giunge linverno, alcune mattine mi sveglio su qualche albero, o nella
neve fresca. E non mi faccio domande. Lincisione sul mio petto sta cambiando, si sta
scurendo e se non fossi sano di mente direi che si sta formando della corteccia lungo la
croce che mi segna il torso.
Forse non ho 74 anni, forse sono 174, forse non ricordo tutto, oppure qualcuno non vuole
farmi ricordare.
Adesso appartengo al bosco, alle sue regole...
E aspetto nuovi ospiti!