Finalmente
il marmocchio è andato a nanna.
Lei ti versa del Brancamenta, intanto le chiedi da quanto suona il basso. In realtà non
te ne importa un cazzo, ma devi pur fare domande cretine e conversare un po', prima di
provare a metterle la lingua in bocca. Mentre lei inizia a raccontarti di come si sia
innamorata di quel nobile strumento, tu pensi che è meglio farlo sul divano, che sembra
abbastanza grande e comodo. Lei non ha un letto a due piazze in camera e a te piace avere
molto spazio. Nel frattempo, lei ti passa il bicchiere e si siede accanto a te, parlandoti
dei grandi bassisti della storia. Ogni tanto sgrani gli occhi, dicendo "Ah!"
oppure "Ma non mi dire", così, random, giusto per far vedere che la stai
ascoltando.
Sorseggi lamaro mentre il tuo cervello recepisce distrattamente che un basso ha otto
corde. O forse sei. Dopo un po, lei ti chiede di parlarle un po' di te. Nel tempo
record di quattro minuti, le hai già raccontato la storia della tua vita. Sei un
commerciante di Roma, scapolo, e hai scelto Napoli per una piccola vacanza. Lei ti ascolta
assorta, e ti mangia con gli occhi. "Ci sta", pensi, e ti fai più vicino,
sfoggiando la miglior faccia da innamorato che ti riesce. Evidentemente ti riesce bene,
perchè vedi che lei è diventata un po' nervosa. Si mordicchia le labbra, gli occhi
saettano qua e là, le mani che giocherellano con i capelli. Rompi gli indugi e avvicini
le tue labbra alle sue.
È in quel momento che senti un minaccioso "Miauuur". Girate la testa. Ai piedi
del divano c'è un gatto.
«Vai via, Gennaro!», dice lei, ridacchiando maliziosa.
Tu ridacchi un po meno, e quando dici dolcemente: «Forza Gennaro, fuori dai
coglioni», il gatto ti soffia contro, prima di saltarti addosso, veloce come un
proiettile. Non fai in tempo a scansarti, ma istintivamente alzi il braccio sinistro. Il
gatto ti piomba sulla spalla, affondando gli artigli nella carne. Gridi e cerchi di
liberarti, ma è lei che inaspettatamente te lo stacca di dosso, mollandogli uno
schiaffone. Il gatto si fa un volo di un metro e mezzo, atterrando sulle zampe. Poi scappa
via, mentre tu sanguini e lei ti chiede scusa e si dà da fare per medicarti.
Ti sei svegliato il mattino presto al suono della sveglia.
Lei è riversa sul divano, morta, preda della furia del tuo coltello.
Stai preparando la colazione, una bella tazzona di latte caldo. Versi un po di latte
anche nella ciotola di Gennaro e ci aggiungi un po di quel veleno che porti sempre
con te.
In quel momento vedi il gatto, fermo sulla soglia della cucina.
«Avanti, gatto di merda, bevi il latte e io ti darò del pesce», sussurri.
Intanto, pensi al moccioso di lei.
«Voglio lovetto Kinder con la sorpresa, non voglio questa», aveva protestato ieri
sera, prima di andare a letto. Gli avevi teso la caramella speciale, promettendogli ben
due ovetti Kinder il giorno dopo, se lavesse mangiata.
Gennaro si gira e fila via. Sconsolato, pensi che dovrai lasciar perdere, i felini sono
troppo furbi.
I bambini, invece, credono sempre a tutto.