Miriam sapeva che un
giorno quella scrivania, proprio quella scrivania, la stessa dove due anni
prima aveva fatto il suo primo colloquio di lavoro sarebbe diventata la “sua
“scrivania.
Era felice quel giorno Miriam ed anche le sue colleghe sembravano felici per
lei. La stessa sua capo ufficio che se ne andava a lavorare da un’altra
parte sembrava essere felice per lei, e Miriam sapeva che era l’unica in
quell’ufficio ad esserlo veramente.
Ma a Miriam delle invidie o dei rancori delle sue perfide colleghe non le
importava un fico... che andassero pure dove dico io... pensava la bella
Miriam.
Lei quella scrivania in due anni, solo in due anni, se la era davvero
guadagnata, aveva sgobbato, lavorando nei giorni festivi e con la febbre,
mentre le sue colleghe non facevano altro che pretendere aumenti, riduzioni
d’orari, e mettersi in malattia. E chissà cos’altro... Pensava la bella
Miriam.
Ma Miriam aveva tenuto duro, ed ora eccola lì che si metteva a posto tutte
le sue cosine, le foto delle ultime vacanze con le sue amiche, i suoi
pupazzetti dei Simpson da appiccicare sul monitor del PC.
Non doveva più fare colloqui di lavoro, non doveva più parlare direttamente
con persone di ogni genere da cercare di sistemare, anche se per poco tempo,
quella o quel ragazzo, adulto o disoccupato in cerca di un lavoro stabile,
gente disperata in età avanzata sopra ai quaranta, o ragazzi che cercavano
solo i soldi per un viaggio o una vacanza.
Risorse umane... che brutta cosa... risorse Umane... Solo un alieno può
venire in mente una roba del genere... forse la terra è già stata
conquistata e non lo sappiamo... Pensava la Bella Miriam.
C’erano persone che se le trovava un lavoro anche di due o tre mesi erano
contente lo stesso e ci si adattavano.
Altre le addossavano le colpe più assurde perché la ditta per cui avevano
lavorato, alla scadenza del contratto non lo prorogavano.
Aveva visto situazioni gravi, persone che avevano perso il lavoro a quaranta
anni e si rivolgevano alle agenzie del lavoro interinale, professionisti
costretti ad andare a lavorare in aziende o uffici dove c’erano persone che
avevano la metà dei loro anni che davano loro ordini ed in molti casi
venivano anche derisi o trattati male.
Aveva anche sentito di persone che non ce la facevano e alcuni di loro di
lasciavano andare alla disperazione, ed aveva anche sentito di altri che
erano invece stati assunti dalle aziende per cui avevano lavorato per pochi
mesi, di prova.
E non ce la faceva più. Era contenta della sua nuova posizione, di
responsabilità e di comando, pensava la bella Miriam.
Miriam nel suo primo giorno di lavoro con il nuovo
incarico sapeva ciò che doveva fare, il giorno prima fece un colloquio con i
suoi nuovi capi che la informarono su tutti gli aspetti contrattuali e
logistici del suo nuovo lavoro.
Miriam sapeva benissimo cosa doveva fare, sapeva anche che avrebbe accettato
la promozione ed il contratto, aveva sudato per quello.
Ora c’era qualcuno che le passava le chiamate delle aziende che chiedeva
personale.
C’era qualcuno che le portava il caffè.
C’era qualcuno che la odiava ancora più di quanto la odiasse prima.
C'era qualcuno che avrebbe sicuramente cercato di rovinarle la carriera.
C’era qualcuno che le portava la posta fino sulla sua scrivania, al quarto
piano.
E pensare che fino al giorno prima era lei a fare anche quel lavoro.
Miriam si sorrise riflessa nel vetro della porta chiusa del suo nuovo
ufficio.
Bevve il suo caffè caldo e chiamò il ragazzo della posta.
Dopo cinque minuti la sua posta le arrivò direttamente tra le mani.
Ringraziò imbarazzata.
Miriam era una ragazza umile, sapeva che fare il lavoro della consegna della
posta negli uffici era un po’ degradante, aveva fatto un sacco di lavori
prima di quello ed anche lei come tanti ragazzi era passata dal lavoro
interinale.
Miriam sapeva benissimo come si stava dalla parte dei precari e si era
ripromessa che mai e poi mai avrebbe trattato male o denigrato chi faceva
quel tipo di lavori. Le parole di suo padre le echeggiavano nella mente
quando si trovava davanti una persona che avrebbe accettato di fare
qualsiasi cosa pur di lavorare onestamente, IL LAVORO E’ ONORE...
Aprì le buste che le arrivarono, e si accorse che tutte le buste indirizzate a lei erano ancora inerenti al suo vecchio incarico, perciò non fece altro che scrivere sopra il nome di chi l’aveva sostituita e appoggiare le buste nella cassetta della posta interna, il ragazzo della posta, Lucio sarebbe venuto a prendersela nel pomeriggio borbottando come faceva di solito, lo conosceva ormai, un quarantatreenne che lavorava in quegli uffici da sei anni come fattorino e commesso, con un contratto a progetto, traduzione, senza diritti e malpagato, tipo di contratto di lavoro inventato non da un alieno questa volta pensava la bella Miriam, ma da uno strozzino di malaffare... sicuramente...
Poi prese una busta colorata di verde dove c’era scritto
solo il suo nome a penna, aveva subito pensato ad un pensiero carino di
qualche sua collega meno perfida delle altre che aveva accettato la
sconfitta, eh sì perché nel mondo del lavoro Miriam aveva imparato che
l’amicizia esiste davvero poco, quasi nulla.
Aprì la busta e scritto a mano con una grafia incerta quasi tremolante lesse
“Grazie di tutto”
E la firma.
Si ricordò subito di quel ragazzo, lo aveva conosciuto dopo tre giorni che
lavorava per l’agenzia.
Lo aveva spedito a fare un lavoro per un’assicurazione nel centro città un
lavoro di tre mesi.
Lui fu felicissimo, e lei fu felicissima, era per entrambi il primo vero
lavoro della vita, erano coetanei, e a lei tra l’altro quel ragazzo piaceva,
molto pensava la bella Miriam.
Così per tutta la durata dei due anni a seguire mandava Ivan a lavorare nei
posti migliori che le capitavano, se le capitava che qualche istituto
bancario o qualche assicurazione le chiedesse personale per ricoprire
mansioni semplici e redditizie, chiamava Ivan.
Come dimenticarsi di Ivan.
Quella lettera la rese raggiante più di quanto non lo fosse già in ogni
momento della giornata.
Era sicuramente un gran giorno quello, Ivan aveva saputo del suo nuovo
incarico e l’aveva voluta ringraziare, e forse lo avrebbe anche fatto di
persona.
Era quello che sperava. Beh in quel caso si sarebbe messa giù bene... Bella
sexy di brutto... Pensava la bella Miriam, che ora si vide di nuovo riflessa
nello specchio, si legò i capelli dorati e si rimise composta sulla sedia,
arrossì, e sorrise e si mise al lavoro cercando di non pensarci più anche se
le era difficile.
L’indomani dopo una giornata di riunioni e di
presentazioni di nuovi colleghi e dirigenti, Miriam tornò in ufficio, come
il giorno prima, bevve il suo caffè e chiese al ragazzo della posta di
portarle su la sua. Lucio arrivò borbottando come al solito, lei gli sorrise
e lui cercò di contraccambiare ma non gli riuscì tanto bene, era un sorriso
che le voleva negare, non voleva sorridere solo a lei anche se era la più
carina di tutti gli uffici.
E tra la posta riecco un’altra busta verde uguale a quella che le era
arrivata il giorno prima.
L’aprì, prima di tutto il resto, in fretta, sperava in un altro messaggio di
Ivan, forse un invito.
Le tremavano le mani, eh sì... dovette ammettere che la cotta che aveva per
Ivan era sfociata in innamoramento vero e proprio... Sulla busta c’era
scritta la stessa frase del giorno prima “Grazie di tutto” Firmato: Ivan.
Stessa grafia, la confrontò con l’atra lettera ma si accorse che era stata
scritta di proposito una seconda volta e non si trattava di una fotocopia o
di una stampa mandata per sbaglio per due volte...
La cosa la lasciò perplessa, ma lasciò correre e si dedicò al suo nuovo
lavoro senza pensarci più.
L’indomani si ripeté la stessa scena. Un’altra busta
verde, con un’altra volta la scritta “Grazie di tutto” Firmato Ivan.
Prese la busta e se la girò per le mani per un po’ la confrontò con le altre
due a vide che sì erano tutte e tre diverse, stessa scritta stessa grafia
incerta ma scritte in momenti diversi di sicuro.
Lasciò correre e si rimise al lavoro, ma cominciò con l’idea di cercare Ivan e chiedergli spiegazioni, ma non aveva tempo, e poi voleva vedere se a quel punto sarebbe andata avanti per tutta la settimana...
“Pensavo che dopo una settimana smettesse di mandarmi
quelle buste...” Disse Miriam ad una sua ex collega.
“Invece è quasi un mese che mi manda sempre la stessa lettera... ho il
cassetto pieno, e non solo quello pensò la bella Miriam... le ho pensate
tutte, ma non capisco... Ho parlato con Lucio mi ha detto che di quelle
buste non sa niente e come di tutte le altre buste che arrivano non vuole
saperne nulla... sai come è fatto Lucio... è solo sicuro che quelle lettere
arrivano da fuori, ma sono le uniche senza timbri postali e senza mittenti,
ma è sicuro che non le porta nessuno a parte o che le consegnano fuori dal
saccone che ritira tutti i giorni la mattina, anche per lui è una cosa
strana che quelle buste arrivano così, la prima me l’aveva consegnata solo
perché di Miriam Tandardini ci sono solo io ovviamente... e poi io provo a
chiamarlo a casa e sul cellulare ma non risponde mai... voglio chiedergli
perché sta facendo questa cosa... perché sempre la stessa frase... poi
“Grazie di tutto” Continuò Miriam... Che vuol dire... Mi sta facendo
diventare matta, sai? Io... Non so cosa gli ha preso, mi sembrava così
simpatico e gentile, tranquillo... un tipo a posto ecco un tipo...”
“Di cui ci si può innamorare... ” Finì per lei la frase la sua unica collega
amica di quell’ufficio.
“...ma sì certo... Ma mi sa che lo conosci anche tu... Ti ricordi di quel
tipo... che...”
Miriam cominciò a cercare di far ricordare il volto di quell’Ivan che veniva
spesso in agenzia alla sua ex collega.
La sua ex collega la guardò con l’aria più compassionevole che si possa
esprimere, aveva capito.
Miriam aveva una cotta per quel ragazzo... Lo sapevano tutte fin da quando
lo aveva visto per la prima volta... quando doveva fare dei colloqui con lui
Miriam diventava impacciata, preoccupata per come era vestita o per come era
truccata, chiedeva di continuo alle sue colleghe come stava prima che
arrivasse lui, loro già le invidiavano la sua bellezza, e non sopportavano
l’idea che facesse “amicizia” con quel ragazzo tanto gentile e sì tanto
carino.
Che storia triste... Pensò quasi le venne da piangere ma
cercò di trattenersi...
Aveva capito che Miriam non voleva accettare... o peggio ancora... non
sapeva...
“Hei ma mi ascolti? Tutto ad un tratto mi sembri persa
nelle nuvole, e poi che è quella faccia... dai...”
Miriam prese dal cassetto tutte le lettere uguali di Ivan e le posò sulla
scrivania.
La sua collega capì che Miriam doveva essere impazzita...
Le diede una carezza... E Mirian ne fu stupita... Una lacrima le uscì dagli
occhi e Miriam ne fu preoccupata...
“Ma Miriam... dimmi che lo sai e che stai facendo apposta... ti prego...”
Miriam si stava arrabbiando per un attimo ebbe paura che Ivan avesse deciso
di prenderla in giro, e chissà per quale assurdo motivo pensò che lei le
stesse per dire che Ivan si era messo insieme a lei... Le presero un sacco
di paure ingiustificate senza mai pensare a quello che le stava per dire la
sua amica.
“E’ morto più di un mese fa. Un incidente...”