Quotidianamente, nella frettolosa città, milioni dorologi impreziosiscono polsi che roteano in continuazione. Una rapida sbirciata poi uno sbuffo, una smorfia...
Lorologiaio osservava tutti questi movimenti dalla vetrinetta del
suo negozio, era la gente che usciva da casa per andare a lavorare: eccone un
altro - eccone un altro - eccone un altro... egli usava ripetere ogni secondo
senza mai incespicare con le parole. Continuava per ore con quella litania, e se qualche
cliente entrava, seguitava mentalmente.
Anni addietro, a sua moglie, costò caro un rimprovero, lennesimo, per quel dannato
e paranoico tic. Lorologiaio in realtà ci pensava da anni, e colse quel pretesto
per attuare il suo piano, ovverosia, fermare il tempo. Uccise la moglie e
limbalsamò. Laveva resa eterna.
Quella donna, per lui, rappresentava un paradosso: era indolente, vuota. Corde vocali e
lingua avvolti da un corpo flaccido e maleodorante; sua moglie non serviva a nulla.
Passava il tempo ad urlare cose senza senso con quella sua sgradevole voce roca. Lui si
premeva i palmi delle mani sulle orecchie eccone un altro - eccone un altro...
In passato, laveva ammonita usando periodicamente lo stesso aforisma: Lo
sai qual è il peggiore dei crimini? Ammazzare il tempo!, ma la donna non lo
ascoltava più, stravaccata sul divano fissava la televisione spenta bevendo alcolici.
Forse anche lei desiderava che lui la uccidesse.
La sua vita si svolgeva nel retro bottega, dove stava un piccolo
laboratorio; tra vecchie apparecchiature e utensili giacenti nelloblio da anni,
cera una scrivania in noce con una luce spot intessuta di ragnatele. Una ronzante
radiolina a batterie gli faceva un po di compagnia con dellangosciosa musica
sinfonica.
Quando la notte lorologiaio saliva in casa, si metteva a tavola e mangiava in
compagnia del corpo della moglie. Il cibo era sempre quello, uova sode, che lanziana
vicina di casa gli lasciava quasi tutti i giorni davanti allingresso.
Il corpo della moglie stava lì, appoggiato alla parete in cucina, di fronte
allorologiaio; lo fissava mentre lui deglutiva. La donna, la cui pelle avvizzita era
color giallo grigio, aveva la testa a forma di teschio, e la bocca, leggermente aperta,
lasciava intravedere dei denti marciti rimasti uncinati alla cavità ossea. Ogni tanto, da
quella fessura, fuoriusciva qualche scarafaggio andato in cerca di nutrimento,
lorologiaio ne aveva accoppati tanti e sapeva che per colpa loro, prima o poi,
avrebbe dovuto rifare limbalsamazione.
Usava bere lacqua direttamente dal rubinetto e in gran quantità,
poi si asciugava la bocca con un fazzoletto di stoffa, lo stesso usato per pulire gli
occhiali, espettorare e tamponare il naso nei giorni di raffreddore.
Nellappartamento non funzionava mai il riscaldamento, era per preservare il corpo
della moglie ed anche i quattrini.
Stretto con le braccia conserte ed uno scialle di lana poggiato sulle spalle,
lorologiaio fissava attraverso la finestra il bagliore dei lampioni velati dalla
nebbia; udiva in lontananza i rumori provenienti dalla via principale costeggiante il
brioso naviglio.
Dopo avere riposto con cura il fantoccio della moglie sul letto e sotto le spesse coperte,
lorologiaio si ritirava nel bagno in cui funzionava una vecchia stufetta elettrica.
Il rubinetto gocciolava da tempo immemore in quel lavabo solcato dal giallo del calcare.
Appeso al muro uno specchio, punteggiato di crepette nere, aveva riflettuto infinite volte
la moglie vomitare litri di amarezze che la vita le aveva procurato sposando quel fallito.
Lorologiaio, terminata la toeletta, indossava un pigiama azzurro con i bottoni e si
ficcava sotto le lenzuola, fredde umide e macchiate del sudore estivo. Eccone un
altro... eccone un altro... per addormentarsi cè chi conta le pecore,
lorologiaio contava le persone che ruotavano il polso per guardare lora.
Una notte fu svegliato da un movimento nel letto, una sorta di vibrazione. Aprì gli occhi
di colpo. Nella penombra, intravide il corpo della moglie, era in piedi! Lorologiaio
accese labatjour; quel fantasma stava immobile a fissarlo con occhi vitrei. Il cuore
gli batteva tumultuoso nel petto, unimprovvisa vampata di calore lo avvolse.
Il fantasma gli si avvicinò lievitando sul pavimento, ora era al suo fianco, dalla bocca
socchiusa usciva un denso liquido violaceo che colando giù dal mento cominciò a
gocciolare sulla camicia da notte. A breve, lemissione del miasmatico liquido si
fece più violenta, quella bocca erogava come un idrante, gli spruzzi arrivavano
dappertutto, lorologiaio ne aveva il volto ricoperto. Un terribile e profondo
grugnito accompagnava il fenomeno.
Il fascino della nebbia consiste in ciò che cela.
In quella desolata via, illuminata da vecchi lampioni la cui fioca luce rimaneva
sospesa a mezzaria, cerano vecchie saracinesche abbassate da molti anni,
palpebre di negozi abbandonati nei quali, nei bei tempi passati, cera stata vita e
colore. Il grigio della strada, dei lampioni e dei muri delle case, non trovava contrasti
nemmeno con le macchine parcheggiate, tutte dello stesso colore scuro metallizzato.
Il fascino del fuoco consiste nella sua anima gialla.
Quel gran bagliore, quelle vampe che fuoriuscivano dal negozio dellorologiaio,
erano quanto di più insolito poteva accadere nella gelida via. Il vecchio negozio, con le
pareti coperte da una boiserie, bruciava come paglia.
Una sagoma umana apparve tra le fiamme, si muoveva come un automa, totalmente avvolta nel
fuoco procedeva verso lesterno; senza fretta avanzò fino ad uscire dal negozio. La
torcia umana si pose nel mezzo della via, la gente gli si fece intorno, i vigili tentarono
di spegnere quel corpo, ma le fiamme parevano autoalimentarsi, e nonostante acqua in
abbondanza e coperte gettategli addosso, non cera verso di fermare quello strazio.
Stavano tutti zitti nellassistere a quellorribile e stranissimo spettacolo, i
vigili stessi erano pietrificati.
La bocca della torcia umana si aprì per dire con voce ferma: eccone un altro...
eccone un altro... - breve pausa, poi - perché non guardate più lora?
Perchèèè? Avanti forza maledetti dannati, guardate lora ho detto... eccone un
altro... GUARDATE LORA HO DETTO... eccone un altro... maledetti figli di troia,
mille volte maledetti!
Il corpo che bruciava si mosse, lanello di gente si aprì e lasciò passare. La
macchia di fuoco camminava nella notte verso la brughiera, era visibile anche da un
aeroplano. Non smise mai di camminare in quei dintorni per anni; oramai lo conoscevano
tutti e lo evitavano. Continuava a bruciare, ma nessuno ci faceva più caso.
Scrivo per curarmi dallo stress. Sono appassionato di fantascienza e horror.