Amici

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Nascosto nell’ombra della strada sentì le loro voci ed ebbe paura.
Stavolta mi spaccheranno il naso- piagnucolò -e a casa mamma mi costringerà a dire tutto!
L’aria attorno a lui si mosse come decine di mani, soffi di ghiaccio e sospiri.
-Va bene, amici miei.
Prese forza e uscì allo scoperto.
-Ma guarda, quello che parla da solo si mette a spiare!- ringhiò uno dei tre, voltandosi e gonfiando il petto.
-Allora vuoi proprio che ti rompiamo il naso!- disse quello più alto afferrandogli un braccio. -O forse vuoi ancora fare il cane e leccarci le scarpe?
Avevano la stessa età, ma loro erano forti, robusti. Lo spinse in ginocchio e gli mollò un calcio nel culo. Il terzo gli sputò addosso e rise sguaiato. -Vediamo come scodinzoli, ritardato!
-Ma che bravo cane!- disse quello alto. -Un bravo cane ritardato che se ne va in giro a parlare da solo! E ora si mette a spiare!- e con un altro calcio lo fece crollare a terra. -Cuccia, cagnaccio!
I tre ghignarono soddisfatti.

-Adesso è il momento, amici- biascicò -adesso aiutatemi!
I tre si voltarono e videro un vortice di mani, teste e corpi luminescenti allargarsi nell’inchiostro del cielo. Gli occhi vuoti, le bocche urlanti. Tutto si mescolò e si intrecciò in una fune gelida, che li circondò stringendo la morsa. I tre si dimenavano convulsi ma la fune strinse fino a spezzare loro le costole e a conficcarle nei polmoni.
Quando lui si rialzò, le figure si erano ormai dissolte nel buio, lasciando a terra i tre corpi.
Si sentiva felice. Per la prima volta sapeva cosa avrebbe fatto della sua vita.
La mattina dopo la madre lo trovò impiccato in garage. Aveva solo dodici anni.
Aveva lasciato scritto “Voglio essere come i miei amici”.

Valchiria Pagani