«Qui, qui cosa cè?»
«Donne morte di parto.» Gli occhi scuri di Serina si fecero più attenti.
«Madri che esalarono lultimo respiro maledicendo il loro figlio, bestemmiando;
pregando Dio di riprendersi lesserino urlante che le martoriava. Ora tutti sono cibo
per ghoul, madri e figli.»
Serina annuì, assorta, al ghoul che la accompagnava. Il cimitero di notte
metteva i brividi, la sua guida la atterriva; ma Serina ricordava anche veglie di pianto,
amori traditi, visioni di morte: si decise ad andare avanti.
«Noor, aiutami: io ho aiutato il popolo dei ghoul.» (Da dietro le lapidi,
qualche ghoul più giovane sghignazzò).
«Mia madre morì dandomi alla luce, così come successe a sua madre, e alla madre di sua
madre, e così via sin da quando il paese ha memoria. Madri morte maledicendo le loro
primogenite, con occhi spiritati e lanimo cattivo.» Serina si interruppe, dando uno
sguardo triste alle sue forme, addolcite dalla gravidanza.
«Conducimi dove giacciono le ossa di mia madre.»
La luna siriana illuminava le due figure che avanzavano tra i sepolcri diroccati, ognuno
violato ere addietro dai divoratori di cadaveri; qua e là, il pasto sacrilego continuava,
mentre la città dormiva quieta, a valle. Serina rabbrividì ancora, davanti alla bara
marcescente.
Noor si defilò, rispettoso, mentre la donna recitava versi incomprensibili alle vecchie
osse materne; altri ghoul uscirono allo scoperto, incuriositi dallo spettacolo.
Anche le loro menti sonnolente avvertirono che qualcosa di strano avveniva nella fossa:
quella nenia non si era forse trasformata in un dialogo sommesso? E quella voce fioca,
dolce, non era forse quella duna madre? E quellurlo finale, atroce?
Le silenziose creature si avvicinarono solo quando Serina scappò via, correndo. La fossa
ora ospitava una donna morta, con un pugnale nel petto. I ghoul non si chiesero
nemmeno il perché, paghi del banchetto inaspettato.