I genitori
raccontano che tutto cominciò quel giorno che lavevano trovata chiusa nel bagno.
Cera voluta unora per convincerla a uscire. Anche Chiara ricorda bene quella
sera... è seduta in salotto, sta ascoltando musica. Poi una sensazione, trasportata da un
suono che nulla ha di familiare, sinsinua nella sua coscienza. Abbassa il volume e
tende le orecchie, per poterlo così identificare e dimenticare. Silenzio. Alza di nuovo
la musica, ma niente sarà come prima; quel suono non se nè andato, si è
depositato lì, dentro di lei.
Era cominciata così la paura, come se quel suono le avesse sussurrato che i vetri delle
finestre erano sottili e bastava poco per mandarli in frantumi.
Qualcosa le aveva oppresso il cuore e lasciato quella sensazione che si era poi allargata
alle porte, agli estranei, ai conoscenti e, infine, agli amici e familiari.
La paura aveva fagocitato tutto il suo mondo, lasciandola sola e spaventata.
Assassina! Mostro! Aveva urlato qualcuno in tribunale. I suoi genitori piangevano quando,
laccusa ricordava come avesse infierito su quei corpi. Estranei, amici, ma anche
familiari. I loro pensieri erano mostruosi - si difendeva - Volevano farmi del male -
ripeteva - Era necessario, strappare loro la testa, estirpare la radice del male.
Il processo era stato lungo, ma alla fine la legge aveva capito la sua paura, e
laveva messa sotto protezione.
Viveva in una stanza confortevole con le inferriate alle finestre e fuori dalla porta dei
poliziotti vegliavano la sua incolumità. Era felice perché si sentiva al sicuro.
Poi un giorno, guardando la sua immagine allo specchio, una voce, trasportata da un suono
ormai familiare, le sussurrò il nome del mostro da cui non poteva fuggire e, per
difendersi da lui, presa la rincorsa si gettò contro il muro.