La carriola di Bethelius

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Nessuna fu bella quanto la sposa di Ignaz Bethelius. Per questo tutti piansero il giorno delle sue infauste nozze. Anche di spalle, lo sposo rimaneva una creatura tanto brutta da ferire lo sguardo; non era mistero che i genitori della sposa l’avessero venduta a peso d’oro al mercante, per evitare la rovina. Lui non poteva ignorarlo, ed anch’egli al matrimonio pianse, per diversa ragione. Presto ebbe il buon gusto di partire per un viaggio; lasciò la sposa sola, nella casa circondata dal giardino tanto profondo da sembrare foresta. Non erano trascorsi tre mesi che da lontano giunse una notizia: che la nave di Bethelius aveva fatto naufragio, nessuno s’era salvato.
La sposa non disse nulla, non rise né pianse. Non poteva restare più sola nella casa del grande giardino e i genitori, tutti allegri, la ripresero in casa, assieme all’eredità. Per sposare il suo vero amore, povero e bello, attese due anni. Venne un bimbo, e lo chiamarono Ignaz, senza malignità. Ma dalla sua nascita la sposa perse il sonno. Cricricri, sentiva. “E’ la carriola del mercante Bethelius”, diceva.

Un giorno non trovarono più il suo bambino. Il giovane padre mandò a cercarlo dappertutto, invano. La sposa non disse nulla, non rise né pianse. Una notte la trovarono proprio lì, nel giardino tanto profondo da sembrare foresta. Spingeva la carriola di Bethelius: dentro c’era il piccolo Ignaz, in piccoli pezzi straziati.
Disse: “E’ stato Bethelius, ricomparso dal buio; aveva solo aspettato, per punirmi di più”. Nessuno ribattè nulla in merito. Dopo il funerale chiese di essere riportata là, nella casa col giardino profondo: doveva restare con lui. Ubbidirono. Nessuno andò più a vedere se era viva o morta, e ora il giardino è davvero foresta. Ma la sposa è ancora dentro. Cricricri, fa la carriola. Lei l’ascolta, e adesso piange.

Elisa Oliveri