Pensavo che
la cosa peggiore che poteva capitarmi, fosse ciò che era successo a Marietto, quello che
era caduto dal ciliegio. Era rimasto paralizzato dal collo in giù e poteva muovere solo
le palpebre. Siamo andati a trovarlo per un po, ma ogni volta sgranava gli occhi e
piangeva. Così non siamo andati più.
Prima di quella volta, pensavo scioccamente che il peggio che poteva capitarmi fosse
essere lasciato da Irma, ma da quando lha fatto, tre anni fa, a malapena ci ripenso,
quando a messa cincontriamo.
È che io non riesco ad aver paura di morire.
Nonna Imelda ha cercato di spiegarmelo, una volta, ma la mamma lha zittita.
- Al ge lo dirè cuant c'al sarà pi grant! - le ha gridato, ma io un po
avevo già capito.
Voleva dirmi che io non posso morire. Nemmeno di fame.
Non so se è del tutto vero, ma sicuramente sono diverso dagli altri.
A tredici anni sono scivolato nellorrido dietro casa, ruzzolando fino a valle e
rimanendo praticamente senza vestiti.
A sedici, per scommessa, mi sono tuffato nel lago, la notte di Capodanno, e ne sono uscito
due giorni dopo.
A diciassette sono finito sotto la Lancia Flavia di Don Erminio; tre giorni dopo,
sotto il torpedone delle cinque e dieci.
Due mesi fa, mentre tornavo dallosteria per la discesa grande, ho preso in pieno la
scrofa dei Monticoli e glielho uccisa. La Lambretta era irriconoscibile,
così sono scappato, e come tutte le altre volte, non mi sono fatto niente.
Solo stasera ho capito cosè peggio della morte.
Passeggiavo sotto il diluvio, sulla riva nuova del lago, osservando lenorme massa
dacqua, che oscillava come un mare di buio. Poi dal Toc, su in alto, ho sentito uno
schianto terrificante. Una frana, ho pensato, prima di essere sepolto dallintera
montagna.