- Devono aver messo qualcosa nella sangria - recita una voce femminile
a trenta passi da me.
Mi vedo nel riflesso tremante di un bicchiere di cristallo vuoto che un ragazzo travestito
da goblin si porta insistentemente alla bocca.
Sto sprofondando in un divano blu scuro, mi abbraccia coi suoi cuscini, mi inghiotte.
Non so dove sia finita Sara, era bellissima quando siamo usciti di casa, aveva quella
gonna che le si gonfiava sul fondo.
Mi calpestano decine di piedi, sdraiato al centro della stanza, non so come sia riuscito a
trascinarmi fin qui.
Attaccata al lampadario dondola come una scimmia una ragazza in mutande verdi. Urla come
una pazza che le arance sono finite e gli specchi ricordano l'infanzia.
Conto le dita della mia mano destra, ne mancano due, la mano sinistra invece non riesco ad
aprirla, mi aiuto con i denti. Si schiude a fatica e rotola fuori un occhio azzurro, non
è il mio.
Qualcosa di caldo mi scivola lungo il petto, qualcuno travestito da vampiro mi sta
mordendo la spalla e riesce a staccare la carne.
Il vampiro sorride e si ritira sotto un tavolo.
Voglio alzarmi, è difficile con una gamba sola, uso una sedia come stampella.
La musica confonde le immagini, là dove cera il buffet adesso c'è un treno avvolto
dalle fiamme, dove fino a pochi secoli fa cera un grande tappeto ora ci sono chiodi
e vetri rotti.
Arrivo a quella che sembra una finestra, guardo verso la strada, vedo me stesso tenere per
mano Sara.
- Ho proprio voglia di divertirmi stasera - Sara ha una splendida voce, mi lascia la mano
e suona il campanello.
Dallalto premo un pulsante e il portone si apre.