L'ora dei fantasmi

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Sono 12 anni che mi corico sempre presto. Non voglio essere cosciente nelle ore notturne. Quando mi hanno offerto un lavoro notturno, ho preferito la disoccupazione, e non me ne pento... volete sapere perché?

 

Successe quando avevo 8 anni.
Il paesino dove sono cresciuto era un borgo medievale. Una leggenda conosciuta da tutti parlava del fantasma di un’antica dama che si aggirava per le vie del paese nottetempo. Molti dicevano di averla vista, anche una troupe televisiva fece un documentario in merito.
In paese era considerata come una sorta di Nume tutelare, le venivano persino fatte delle offerte in un simulacro. Le vecchine bigotte non scordavano mai nelle loro preghiere quell’anima in pena. Chiamatela pure follia collettiva, ma comunque la gente quando il sole tramontava evitava davvero di uscire, se poteva, specie con la nebbia.
Si dice che la nebbia sia un passaggio per i morti.

Mia madre mi diceva sempre che la notte era l’ora dei fantasmi, che in quelle ore era meglio dormire, ma io insistevo sempre per restare sveglio.
La notte di Natale del 1994, mi ricordo, nevicava, c’era vento freddo.
Io non ero mai stato sveglio oltre le undici di sera, ma quella notte volevo ad ogni costo aspettare Babbo Natale.
Verso la mezzanotte, gli altri di casa dormivano, mi appostai davanti alla porta, che dava sulla strada, avvolto in un cappotto. Passò una quarantina di minuti, credo.
Poi la vidi. Apparve da un vicolo.
Una figura eterea, fiocamente luminosa, direi verde acqua. Le mani poco più che ossa. In quel momento, capii che al di là delle leggende suggestive, col sopranaturale, è molto meglio non interagire.
Se ne sentono tante, si va dai medium... ma vedere, sul serio, è diverso.

 

Quel che vidi sotto il velo della morta... Vorreste saperlo?

 

Sperate di non vederlo mai.

Fabrizio Ferraris