Mi
risveglio nudo, rannicchiato in posizione fetale.
La notte è passata, ma riempire il terribile vuoto che ho nella mente è impossibile. Poi
vedo il sangue. Sulle mani, sulla bocca, sul petto.
E non è il mio.
La porta del bunker è aperta. Un sospetto terribile si insinua nella mia mente, ma lo
rifiuto. Seguo a ritroso la scia di sangue.
Arrivo nella nostra camera. Cè lei.
E stesa, gli occhi fissi al soffitto, immersa nel suo stesso sangue. Nello sguardo
non cè paura, solo sorpresa.
So come è morta. Non ho bisogno di guardarle la gola squarciata, il petto aperto, il
vuoto dove una volta cera il cuore.
Ora capisco quel sapore salato che ho ancora in bocca. Non mi abituerò mai a
questorrore. Mi piego in due e vomito tutto. Saliva, sangue, carne. Tossisco forte.
Voglio fare uscire tutto dal mio corpo. Anche lanima.
Vedo il suo diario. E aperto. Lo leggo:
Non posso amarlo a metà. Voglio amarlo tutto, nel bene e nel male. Non possiamo
scappare quassù una volta al mese. Non voglio più nasconderlo dentro quella squallida
cantina. Odio quella porta dacciaio che ci divide. Odio sentire le urla e i colpi
dietro la porta.
Il mio amore lo guarirà. Non mi farà del male, non lo farebbe mai. Lo guarderò negli
occhi, vi leggerà il mio amore e sarà tutto finito. Per sempre.
Andrà così, ne sono sicura...
Non ho chiuso la porta.
Mentre leggo, piango. Le lacrime bagnano le pagine.
Lascio la stanza degli orrori in trance. Torno in cantina, dove merito di stare. Dove
sarei dovuto rimanere. Mi rannicchio nellangolo più buio, ancora nudo. In questa
casa sperduta nel bosco, mi stringo la testa con le mani e urlo.
E la solitudine la più terribile delle mie maledizioni.