Il tempo
volgeva al bello, le nubi nere si allontanavano allorizzonte e già i primi raggi di
sole asciugavano lasfalto. Del violento temporale scoppiato qualche ora prima
restavano solo delle pozzanghere poco profonde.
Jenny, una ragazzina di 15 anni, uscì dalla scuola correndo con le amiche: le lezioni
erano finite. Insieme scrutarono il cielo, verificando che il temporale avesse esaurito le
sue scorte dacqua. Si lanciarono tra le pozze saltando come grilli, schizzando acqua
ovunque, ridendo come matte. Jenny si fermò, vedendo il suo riflesso in una delle pozze:
si stava facendo grande. Riprese a correre per non perdere di vista le sue compagne;
saltò da una pozza allaltra, calciando lacqua, saltò ancora in una
pozzanghera. E fu in quel momento che precipitò.
Quando aprì gli occhi si ritrovò davanti a se stessa, davanti a quello che sembrava
essere lo specchio del bagno di casa. Vide i sanitari e tutti gli oggetti personali. Si
stava pettinando, poi si truccò.
Compì tutti quei gesti naturali in maniera involontaria, come se stesse seguendo la sua stessa immagine. Ad un certo punto si spostò e sparì dal quadrato che delimitava la zona in cui aveva riconosciuto larredamento di casa, come se fosse uscita da uninquadratura. Rimase paralizzata, intorno a sé il buio totale. Non riusciva a formulare pensieri, era solamente sospesa nelloscurità. E senza che il tempo scorresse, si trovò davanti ad unaltra inquadratura: questa volta riconobbe il salotto, dove appeso ad un muro stava un grande specchio. Si mosse secondo i gesti della propria immagine riflessa. Sparì, rimase sospesa nelloscurità senza sentire il trascorrere del tempo e ricomparve davanti a se stessa ancora una volta. Alle sue spalle riconobbe il giardino di casa sua e vide il cielo che stava liberandosi dalle ultime nuvole. Seguì i movimenti. Sparì.