La marcia degli zombi

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

La luce che traspariva dai loro occhi rifletteva la vita di un’anima ormai passata, e la pelle emanava un odore putrescente. Il sangue aveva smesso di scorrere da un tempo ormai immemore nelle loro membra, sostituito da scarafaggi e orge di insetti. Ad alcuni mancava un arto e camminavano faticosamente, ondeggiando a destra e a sinistra. Specialmente a sinistra. Era quello il lato che preferivano. Il lato dove li aveva creati la mano morbosa del Diavolo.
Il volto raggrinzito dai secoli, i vestiti stracciati, la bocca digrignata verso il plenilunio...
... Così marciavano verso quelle immense costruzioni di cemento che si dipanavano all’orizzonte.
Un grido muto scandiva il loro passaggio, un sospiro soave che li trasportava a destinazione.
Andate, mie creature. Siete tornate dagli inferi per una missione. Andate, e uccidete.
E così, lasciandosi trasportare dai venti autunnali, gli zombi attaccarono.
Io era a casa, affacciato al balcone ad osservare la follia che si dilatava per le strade. La gente correva e urlava, inseguita da quegli abomini. Alcuni provavano a nascondersi, a chiudersi in macchina o dentro i cassonetti dell’immondizia. Ma i morti li sentivano.

Loro sentono tutto.
Ma la cosa che fa più paura è il modo in cui mangiano, gettandosi contro la preda e sbranandogli la testa. Non so perché si cibano solo di quella parte del corpo, lasciando il resto a marcire nel proprio sangue, e, sinceramente, non mi interessa scoprirlo.
Comunque io sono ancora qui, a casa mia, ad aspettarli. Non ho paura e non intendo scappare, anche perché scappare sarebbe impossibile.
Li aspetto.
Li aspetto e basta.
TOC TOC TOC
Ecco. Qualcuno sta bussando alla porta.
Sono loro. Sono venuti per me.
È meglio che vada ad aprire prima che si arrabbino...

Daniele Zolfanelli