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Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

“Maledetti...”
Contrito, sofferto, depresso, piegato su me stesso. Sto cercando un barlume di lucidità, un briciolo di comprensione.
Grido, anelo compassione a uomini morti che mi finirebbero in un boccone.
Ho fame!
Profondamente denutrito, affamato; ho un buco nelle viscere che tirano, sfregano sottili come carta velina, sbattono all’indietro, carezzano le mia spina dorsale ad ogni respiro.
“Perché non sono come loro?”
Un’eco squarcia l’oscurità, è come un rantolo: le mie membra agognano cibo. I succhi gastrici corrodono anche i miei pensieri.
Cado rovinosamente in terra scivolando su muri diroccati dai morti; fuoriesce “Sangue!”
Ne è pregna la bocca ma finisce repentino nel mio stomaco avido che, spalancandosi, urla di terrore. Sento un gorgoglio fermentare, assalirmi di brividi; la bile giunge in gola grattandomi il palato. Li sento seguirmi.

“Inizierò dai piedi!”
Mi accascio sulla mia magrezza.
Ora la tempia preme su un ginocchio; l’odore della carne è troppo vivo per resistere. Mi sento sudare, altri liquidi fuoriescono invano; la mente si annebbia.
Un ultimo sforzo e... distendo le vertebre, il loro scricchiolio rapisce il mio sonno. Mi avvento sull’alluce della gamba più distante, lo strappo via spaccando le ossa con i denti. Il digiuno supera il dolore di quell’amputazione appena infertami. Il primo boccone va giù ma avverto disgusto.
“Sento i loro passi... lenti.”
Un ennesimo conato mi insozza di verde saliva spumosa. Il mio alluce mangiucchiato schizza lontano. Senza guardare azzanno la glabra pelle del piede, poi famelico scarnifico il polpaccio con i denti; i teneri muscoli scivolano in gola, temperano il mio esofago. Mordo lentamente affondando, masticando, ingerendo. Sarò sazio solo quando la mia gamba mostrerà del bianco.
“Non vi darò mai il mio corpo!” grido mentre i loro spenti occhi mi osservano mangiarmi.
“Sono ancora un uomo!” urlo divorandomi.
Grugniscono, poi... li sento addosso... E’ finita!

Luca Guardabascio