Maledetti...
Contrito, sofferto, depresso, piegato su me stesso. Sto cercando un barlume di lucidità,
un briciolo di comprensione.
Grido, anelo compassione a uomini morti che mi finirebbero in un boccone.
Ho fame!
Profondamente denutrito, affamato; ho un buco nelle viscere che tirano, sfregano sottili
come carta velina, sbattono allindietro, carezzano le mia spina dorsale ad ogni
respiro.
Perché non sono come loro?
Uneco squarcia loscurità, è come un rantolo: le mie membra agognano cibo. I
succhi gastrici corrodono anche i miei pensieri.
Cado rovinosamente in terra scivolando su muri diroccati dai morti; fuoriesce
Sangue!
Ne è pregna la bocca ma finisce repentino nel mio stomaco avido che, spalancandosi, urla
di terrore. Sento un gorgoglio fermentare, assalirmi di brividi; la bile giunge in gola
grattandomi il palato. Li sento seguirmi.
Inizierò dai piedi!
Mi accascio sulla mia magrezza.
Ora la tempia preme su un ginocchio; lodore della carne è troppo vivo per
resistere. Mi sento sudare, altri liquidi fuoriescono invano; la mente si annebbia.
Un ultimo sforzo e... distendo le vertebre, il loro scricchiolio rapisce il mio sonno. Mi
avvento sullalluce della gamba più distante, lo strappo via spaccando le ossa con i
denti. Il digiuno supera il dolore di quellamputazione appena infertami. Il primo
boccone va giù ma avverto disgusto.
Sento i loro passi... lenti.
Un ennesimo conato mi insozza di verde saliva spumosa. Il mio alluce mangiucchiato schizza
lontano. Senza guardare azzanno la glabra pelle del piede, poi famelico scarnifico il
polpaccio con i denti; i teneri muscoli scivolano in gola, temperano il mio esofago. Mordo
lentamente affondando, masticando, ingerendo. Sarò sazio solo quando la mia gamba
mostrerà del bianco.
Non vi darò mai il mio corpo! grido mentre i loro spenti occhi mi osservano
mangiarmi.
Sono ancora un uomo! urlo divorandomi.
Grugniscono, poi... li sento addosso... E finita!