La neve
scendeva lieve sulle spalle delluomo. Vi si posava con un fruscio delicato. In
piedi, immobile, le braccia abbandonate sui fianchi, aveva gli occhi tristi, stanchi e
fissi. Dalle labbra socchiuse, a intervalli regolari, uscivano nuvolette di vapore
argentato. Intorno, croci e lapidi con fotografie vecchie e sbiadite, e nomi altrettanto
logori.
Il tempo scivolò via. Al crepuscolo la luce sonnolenta del pomeriggio divenne grigia,
perse consistenza, parve appassire. Fu allora che il cuore delluomo,
nellosservare lincurvatura del terreno ai suoi piedi, ebbe un sussulto.
Ho sognato... sì, hai sognato... ho...
No.
Il movimento si era ripetuto: la superficie imbiancata, anche se in maniera quasi
impercettibile, aveva palpitato.
Come un cuore.
Luomo cadde in ginocchio e cominciò ad ansimare. Prese a smuovere freneticamente la
neve. Presto scoprì un lembo di terra marrone dove si era sollevata una zolla: era stata
quella, premendo sullo strato di neve soprastante, a diffondere il movimento. Luomo
la osservò impietrito gonfiarsi come un respiro, pulsare. La vide sollevarsi più volte;
infine, ribaltarsi. Dallo squarcio giunse un guizzo biancastro. Luomo gridò e le
mani gli si contrassero sul petto, come scottatesi a una fiamma. La sua bocca si spalancò
e rimase aperta; il vapore fuoriusciva lento, un rivolo daria calda nella morsa
dellinverno.
Gli occhi erano lucidi e spalancati. I denti, scoperti. Un solo un tremito febbricitante
si dipanò infine in tutto il corpo, serpeggiando dalla nuca alle caviglie.
Avanzarono le ombre. Lei gli fu accanto. Lo carezzò su una guancia con dita che non erano
più dita.
-Sono tornata- disse.
Luomo non rispose. Il suo alito aveva cessato di condensarsi.
Lo baciò (un lombrico nero gli strisciò sulle labbra) lo prese per mano e lo trascinò
con sé.
Quando la terra si chiuse, e la neve la ricoprì, luomo aveva ancora gli occhi
aperti.