Cuore

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

La neve scendeva lieve sulle spalle dell’uomo. Vi si posava con un fruscio delicato. In piedi, immobile, le braccia abbandonate sui fianchi, aveva gli occhi tristi, stanchi e fissi. Dalle labbra socchiuse, a intervalli regolari, uscivano nuvolette di vapore argentato. Intorno, croci e lapidi con fotografie vecchie e sbiadite, e nomi altrettanto logori.
Il tempo scivolò via. Al crepuscolo la luce sonnolenta del pomeriggio divenne grigia, perse consistenza, parve appassire. Fu allora che il cuore dell’uomo, nell’osservare l’incurvatura del terreno ai suoi piedi, ebbe un sussulto.
Ho sognato... sì, hai sognato... ho...
No.
Il movimento si era ripetuto: la superficie imbiancata, anche se in maniera quasi impercettibile, aveva palpitato.
Come un cuore.

L’uomo cadde in ginocchio e cominciò ad ansimare. Prese a smuovere freneticamente la neve. Presto scoprì un lembo di terra marrone dove si era sollevata una zolla: era stata quella, premendo sullo strato di neve soprastante, a diffondere il movimento. L’uomo la osservò impietrito gonfiarsi come un respiro, pulsare. La vide sollevarsi più volte; infine, ribaltarsi. Dallo squarcio giunse un guizzo biancastro. L’uomo gridò e le mani gli si contrassero sul petto, come scottatesi a una fiamma. La sua bocca si spalancò e rimase aperta; il vapore fuoriusciva lento, un rivolo d’aria calda nella morsa dell’inverno.
Gli occhi erano lucidi e spalancati. I denti, scoperti. Un solo un tremito febbricitante si dipanò infine in tutto il corpo, serpeggiando dalla nuca alle caviglie.
Avanzarono le ombre. Lei gli fu accanto. Lo carezzò su una guancia con dita che non erano più dita.
-Sono tornata- disse.
L’uomo non rispose. Il suo alito aveva cessato di condensarsi.
Lo baciò (un lombrico nero gli strisciò sulle labbra) lo prese per mano e lo trascinò con sé.
Quando la terra si chiuse, e la neve la ricoprì, l’uomo aveva ancora gli occhi aperti.

Filippo Bernardeschi