Fumo

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Il corridoio è ancora lungo. La sigaretta tra le labbra, aspiro il fumo specchiandomi nella luna rugginosa. Osservo il riflesso della cenere ardente alla finestra, il vapore che si contorce dentro le mie budella opalescenti.
Un fantasma che fuma.
È ridicolo. Eppure non c’è altro modo per arrivare alla fine.
Quando loro mi hanno detto che era l’unica cosa che poteva nutrirmi ho riso, come un isterico.
Uno spirito di fumo.
Sono sempre dietro di me. Mi hanno condannato a vivere in un mondo in cui galleggio e lentamente mi dissolvo. Non riesco neanche ad attraversare le pareti. Posso solo ficcarmi una cicca in bocca e camminare piano. Sudare mi farebbe evaporare di più.
Evaporare fa male. Per un uomo, è come sentire migliaia di punture d’ape.
Il pacchetto è finito. “L’ultima paglia e sogni d’oro”, lo dicevo sempre prima di dormire.

Mi accendono la sigaretta. La metto in bocca al contrario per non sprecare neanche un alito di fumo.
Finalmente vedo il fondo del corridoio. Qualche boccata e arrivo davanti alla porta.
So già cosa c’è dietro. Il terrore mi blocca, dovrò rivivere quel momento per alleviare le mie sofferenze. Per cercare di saziarmi il più possibile e contenere il dissolvimento. La sigaretta si spegne, comincio a sudare. Devo aprire la porta.
Dischiudo l’uscio. La mia camera, il letto, il fuoco.
Il mio vecchio corpo che brucia.
Volo sopra il fumo. Chiudo gli occhi e aspiro, più che posso. Non è reale, non è puzza di carne bruciata! Solo vapore che mi ingrassa i polmoni.
Sto per svenire, non ancora, non...
Riapro gli occhi, sono di nuovo all’inizio del corridoio. Un pacchetto di cicche in mano.
I due lapilli mi accendono una sigaretta. Si mettono dietro di me, li sento sghignazzare.
Non c’è altro modo.
Comincio a camminare.

Vincenzo Comito