Destino molecolare

Racconto per il concorso "300 Parole Per Un Incubo", 2007 - edizione 6

Palmeira, Isha do Sal
Le grida acute dei bambini sul molo furono l’ultimo suono che percepì prima che la sua testa fosse completamente staccata dal corpo e gettata nell’acqua rossa di sangue. Lo squalo martello era un predatore e l’aggressione da parte di quel piccolo uomo lo aveva sorpreso, lasciandogli un’emozione mai provata, l’ultima prima di morire: paura e rabbia insieme.

 

Università Cheikh Anta Diop, Dakar, Istituto di Ricerche Biologiche
Abdel rovesciò la provetta nel lavandino. Le lacrime scesero lente mentre pensava alle sue cellule staminali. Ogni cellula avrebbe potuto diventare un nuovo Einstein o, certo, anche un Mostro. Dipendeva esclusivamente dagli stimoli che avrebbe ricevuto.
Ma ormai non aveva più importanza. La ricerca era stata bloccata e il team di controllo stava arrivando, doveva liberarsene. Che se ne andassero libere per l’oceano, non aveva il coraggio di terminarle.

Fui assalita da sensazioni sconosciute. Percepivo solo la diversità e la fame di informazioni. Dovevo ricevere indicazioni altrimenti ero niente. Un tutto che è niente, assurdo.
Successe qualcosa. L’input fu di crescere, duplicarmi e ingrandirmi, a tutti i costi.
Quando ormai contavo miliardi di cellule, avvenne l’Incontro.
Finalmente sapevo cosa ero e chi sarei diventata.
Crescere ancora. Poi risalire dalle profondità dell’oceano verso quella luce che chiamano sole, verso quel molo dove il destino mi aspettava. Sarei uscita nella penombra chiudendo le branchie e distendendo i polmoni, avrei strisciato sul muco che ricopre le mie squame e avrei bevuto il loro sangue. Li avrei trascinati sul molo e le loro teste avrebbero raggiunto quella dello squalo.
Poi avrei alzato le braccia al cielo e avrei gridato a Dio che Io ero tutto.
E avrei pregato Dio di darmi un’altra chance, di farmi incontrare una molecola d’amore.
Perché io sono tutto, ma sei tu che devi dirmi cosa vuoi da me.

Patrizia Salvini